Tim Burton, animatore e disegnatore con la passione per le ambientazioni spesso fiabesche e gotiche, riabilita i suoi sogni in uno spazio espositivo tra oltre 150 dipinti e bozzetti originali, 55 opere d’arte animate, 21 figure a grandezza naturale.
“It’s good as an artist to always remember to see things in a new, weird way”
Tim Burton
Non è un semplice interesse per l’universo creativo e fantastico di Tim Burton, ma una vera ossessione.
Un’ attrazione che arriva da lontano, e s’annida tra i primi ricordi della mia adolescenza. Affiora dai suoi primi cortometraggi come “Stalk of the Celery”, conosciuto anche come “Stalk of The Cleery Monster”, interamente disegnato a matita dal disegnatore statunitense, durante il suo periodo scolastico alla California Institute of the Arts, fino al suo esordio registico, con “Edward mani di forbice”, del 1990.
Cercavo sempre di carpire qualcosa da quelle visioni esagerate, dove si combinavano intenzionalmente gli stili cinematografici degli anni Cinquanta, Sessanta e Ottanta, in una sorta di linguaggio simbolico, come parte del quotidiano, senza pregiudizi.
Ho una passione fisica ed epidermica, per i disegni d’infanzia, che riflettono quei sentimenti di isolamento e incapacità di comunicazione con le persone: oggi, come allora, amo guardarli, tenerli in mano, mischiarli in illustrazioni, che vengono eseguite dai miei alunni in università che studiano moda allo IUAD di Milano.
Da alcuni anni, dopo aver visto “La sposa cadavere” e “Alice attraverso lo specchio” senza dimenticare “Dumbo” e “Beetlejuice Beetlejuice” ho un rapporto nuovo. Più libero e profondo con i disegni che entrano a far parte spesso del mio lavoro: portandoli all’università, guardando le varianti simboliche, usandoli per inventare delle storie o degli scritti.
Nelle loro immagini, ho trovato la scintilla per sbloccare l’attenzione di un alunno o l’intuizione risolutiva per un finale di un plat di una collezione, che non voleva manifestarsi, o semplicemente comunicare alle persone, che hanno la stessa passione.
Complice è quello che possiamo definire rinascimento della multiforma creatività, o la diffusione mainstream di spiriti eclettici e linguaggi simbolici, resi possibile anche grazie ai social.
A questo si dedica “Tim Burton’s Labyrinth” creato e prodotto da LETSGO in collaborazione con Tim Burton e presentata in Italia da Alveare Produzioni, LETSGO Company e da Fabbrica del Vapore- Comune di Milano, fino al 9 marzo 2025.
Nulla accade per caso, specie quando si parla di Tim Burton: Felype de Lima, direttore creativo di Tim Burton’s Labyrinth, geniale creativo, nelle sue sfrenate indagini sui simboli e le loro metamorfosi si è interessato anche a scoprire questi mondi straordinari, lavorando a fianco a fianco del regista, per poi trasformare il tutto in viaggio magico e coinvolgente che rappresenta quattro decenni del genio statunitense.
E la sua vasta biblioteca di illustrazioni e universi, diventa fonte primaria di ambientazioni fiabesche e gotiche, talvolta incentrate su temi quali l’emarginazione e la solitudine, e risplendono in questo magico Labirinto, composto da sale collegate tra loro, attraverso porte.
Ogni spazio ha un tema diverso, e le stanze sono state trasformate in set cinematografici con personaggi tratti della sua filmografia fra cui Edward Mani di Forbice, La sposa cadavere, Alice nel Paese della Meraviglie, Beetlejuice, Frankenweenie, Charlie e la Fabbrica di Cioccolato, Batman, The Nightmare Before Christmas, Mars Attack! Sweeny Todd.
Una trasposizione della mente, come evoluzione per certi versi sotterranea, che permette il visitatore di attraversare mondi diversi e scoprire l’innocenza, nascosta dietro i suoi personaggi.
Una giostra di rimandi ed emozioni, che è anche un grande esercizio di attenzione nell’esplorare temi come la vita, morte, amore e follia, per proiettarci verso quello sguardo inedito sui piccoli e grandi affanni quotidiani. E se il dolore ha spesso a che vedere con una resistenza, un punto di stasi di questo labirinto è nel tradurre i sogni in realtà, rischiando davvero di avere, a suo modo, qualcosa di magico.
Di Alberto Corrado