Il linguaggio fiabesco di una leggenda spagnola. Antonio Melissa tende a sottolineare l’aspetto più divertente della trama, pur mantenendo l’impatto morale.
“A che pensi Marcellino?”
“Dove sarà la mamma tua adesso?”
“Con la tua!”
“Come sono le mamme? Che fanno?”
“Danno, danno sempre”.
E che danno?
“Tutto: se stesse, la vita e la luce degli occhi ai figli, finché diventano vecchie e curve”.
C’è un file sottile che lega la magia dell’infanzia al desiderio di vivere esperienze di una vita intera, ed è questo il filo che Antonio Melissa intreccia con delicatezza nel musical “Il Miracolo di Marcellino”, un piccolo tributo alla leggenda popolare spagnola, arricchito dalla poetica musicale di Monsignor Marco Frisina.
Il musical approdato a Milano, per la rassegna Codice Teatro di Giovanna Gattino, ci conduce nella storia di un neonato abbandonato, raccolto in fasce ed allevato con amore dai frati di un convento.
Marcellino, però, crescendo, ha un sogno curioso, quello di riabbracciare la propria madre. E attraverso un incontro inaspettato, quello di un crocefisso abbandonato dentro la vecchia soffitta del convento, con cui parla, si confida e a cui porta del cibo, appunto del pane e del vino, richiede il suo desiderio.
In questa sua richiesta vi è l’aperta disponibilità di riconoscere l’avvenimento di una Presenza straordinaria. Essere come Marcellino, significa aprirsi al mondo con saggezza, con lentezza e con una attenzione speciale al presentimento del vero.
Il racconto è semplice, ma carico di grazia, che colpisce al cuore per quel mix di commozione, sacralità e umorismo, che sfida le leggi del tempo e che a moltissimi anni di distanza, non ci stanchiamo mai di vedere, facendo anche rimandi alle trasposizioni cinematografiche.
Il desiderio di Marcellino non è solo un’aspirazione, è un atto di empatia, un modo di avvicinarsi alla vera concezione cristiana dell’uomo.
Le scene di Antonio Melissa traducono in immagini la dolcezza, la drammaticità e l’umorismo del testo. I colori vivaci e dettagli evocativi rendono ogni quadro tutto da esplorare, attenuando il carattere emozionante della storia, e offrendo al pubblico, una chiave visiva immersiva nelle emozioni del racconto.
Dietro la leggerezza apparente del viso di Marcellino, si nasconde un messaggio profondo: la capacità di sognare ancora quei valori genuini di un tempo, che si sono persi attraverso l’egocentrismo dettato da una società dedita al consumismo, ma che aspettano solo di essere riscoperti.
Ritrovare la capacità di sognare, per coltivare un legame più profondo e autentico con noi stessi.
Un musical che si presta a molteplici letture: per i bambini è una celebrazione di un desiderio e della autodeterminazione; per gli adulti, è un dolce promemoria, di quanto sia importante osservare il mondo con occhi nuovi, lasciandosi contagiare dalla tenerezza.
“Il Miracolo di Marcellino” non è solo una storia appassionante, ma una riflessione sulla bellezza delle relazioni intergenerazionali.
L’immagine finale del crocifisso e di Marcellino che lo guarda estasiato, resta impressa, come simbolo di complicità e sogni che si avverano.
Uno spettacolo da vedere, rivedere e custodire, perché ci ricorda che tutti, grandi e piccini, abbiamo qualcosa da imparare gli uni dagli altri.
Di Alberto Corrado