Parsons Dance Company @Rachel Neville
Parsons Dance ha travolto la platea milanese per poi travolgere altre platee italiane con la sua danza vibrante e radiosa che è un inno alla fantasia e alla vita. Il programma del nuovo tour presenta due anteprime europee: Juke e The Shape of Us.
“L’arte è un potente strumento espressivo e di comunicazione. Il mio obiettivo è fornire a più persone l’opportunità di vivere le meraviglie della danza.” (David Parsons)
Non è caso che la prima italiana del tour della Parson Dance, sia stata eseguita al TAM Teatro Arcimboldi di Milano: con la nostra cultura dedicata alla danza, in particolare modo del secolo scorso, il coreografo americano ha stabilito una relazione che diventa in Balance of Power, titolo della esibizione, un fil rouge, ma anche una chiave di lettura dell’intero, o almeno larga parte, di quella energia, atletica e corale che sprigionano i corpi in movimento.
A primo impatto vedendo, la prima coreutica, ci si rende conto che c’è, in David Parsons, una sorta di purezza che gli permette di unire, soli o parte di un insieme, corpi umani e spazi: sembra fregarsene, il coreografo, di cosa sia accattivante, e cosa non lo sia, nel comporre le sue performance.
Un lavoro coreografico che compone un mosaico in cui, l’universo della danza e del corpo, esplode, e sembra appartenere non solo esclusivamente ai danzatori che fluttuano, talvolta sospesi, ma, anche alla decostruzione accorta dei ritmi quotidiani o legami comunitari di ogni singolo spettatore.
La vicenda di David Parsons, se volessimo riassumerla in pochissime righe è questa: nasce a Chicago, ma cresciuto a Kansas City, nel Missouri. Grazie una borsa di studio alla Alvin Ailey School, a soli diciassette anni, si trasferisce a New York, per poi iniziare la carriera come primo ballerino de The Paul Taylor Dance Company, New York City Ballet, MOMOX, Berlin Opera e The White Oak Dance Project.
A un certo punto, nel 1985, crea la sua compagnia di danza, Parsons Dance, lavorando su diversi progetti, sensibilizzando il pubblico sulla danza come forma d’arte con coreografie stimolanti e piene di vita, e, attraverso programmi educativi e di sensibilizzazione che coinvolgono persone di tutte le età, tale da lanciare nel 2016 “Autism Friendly Programs”, iniziativa composta da seminari e da spettacoli che hanno un occhio di riguardo per chi è affetto da disturbi dello spettro autistico.
Ma, quello che accomuna questo coreografo a quello che si vede in scena, è un approccio all’arte, e chissà, forse anche alla vita, dotato di una delicatezza dolorosa.
“Balance of Power” in cartellone per solo due giorni a Milano, è stato curato anche da Howell Binkley, co-fondatore della Parson Dance, che ha fortemente voluto inserire “Caught”, una delle pietre miliari del repertorio. Definito dalla critica “una delle più grandi coreografie degli ultimi tempi”: un assolo mozzafiato, sulle note di Let The Power Fall di Robert Fripp, nel quale la danzatrice sembra sospesa in aria grazie a un gioco di luci stroboscopiche.
Ovviamente, tutto lo spettacolo è caratterizzato dall’uso di una varietà di stili, di ricchezza di arte coreutica, dove i corpi sembrano vivere a metà strada tra la metafora e la letteralità dell’arte: si accoppiano, si stringono, si svuotano, si divorano a vicenda, mai sazi.
Vivono in una sorta voyeurismo sonoro, come se fossero dei punctum, a dirla secondo la teoria di Roland Barthes, come si può notare nell’altro classico del programma Takademe del 1996, assolo creato da Robert Battle, quando era ballerino della compagnia, che mescola umorismo e movimento acrobatico in una decostruzione accorta dei ritmi della danza indiana Kathak, sulla partitura sincopata di Sheila Chandra, e gli splendidi costumi di Missoni.
C’è qualcosa nell’arte coreografica di David Parsons che ci tocca: le situazioni di intimità, che non è voyeurismo, piuttosto, sembrano normalizzare atti di affetto e cura, che compiamo tutti nella vita privata, e in tal senso, vengono essere fruibili a chiunque.
Nelle altre performance come “Juke” , commissionato a Jamar Roberts, già ballerino dell’American Dance Theatre di Alvin Ailey e coreografo residente, omaggio al leggendario jazzista Miles Davis, “Shape of Us”, ultima creazione, e Balance of Power , che dà il titolo al tour, recente assolo creati da David Parsons fino a Whirlaway, commissionato nel 2014 per celebrare Allen Toussaint, riconosciamo l’ariosità, la poesia dettata dai corpi, e dai giochi di luce, frammenti, quadri, pensieri, inglobati in momenti della sua vita o della nostra stessa vita.
Una danza giocosa, non relegata ad un settore anagrafico, ma uno stato d’animo, a un sentimento di purezza e libertà. Un canto al potere della propria innocenza o più semplicemente a quel sorridere al sole, che a volte sembra velato.
Di Alberto Corrado