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La nuova edizione del saggio “Sulla vita felice” di Agostino d’Ippona, edito da Graphe.it, con ricco apparato di note di Francesco Roat, è un affresco corale della nostra ricerca verso l’umanità.

“A forza di parlare, le parole perdono valore: risuonano, passano, e perdono valore, e non sembrano altro che parole. C’è però anche nell’uomo una parola che rimane dentro; il suono infatti esce dalla bocca.

E’ la parola che viene pronunciata autenticamente nello spirito, quella che tu percepisci attraverso il suono, ma che non si identifica con il suono….Dio, tre lettere e due sillabe…..”

Agostino d’Ippona

 

Aurelio Agostino d’Ippona, nato nel 354 a Tagaste, era un personaggio affascinante: filosofo, vescovo, teologo monaco e mistico romano di origine berbera e lingua latina, detto anche “Doctor Gratiae”, dottore della grazia.

Africano di nascita, utilizzo il latino nei suoi scritti, non avendo molta dimestichezza con il greco, lingua studiata in giovane età, ma non amata. Ottimo studente nelle scuole di Tagaste e Madaura, andò a Cartagine all’età di diciassette anni, per avviarsi agli studi della carriera forense.

 E qui, che le molte seduzioni della grande città, che per metà era pagana, la licenziosità degli altri colleghi di studi, i teatri e di essere sempre il primo anche nel peccato, lo portarono a deviare sempre di più dall’antico corso della sua vita, appassionandosi di filosofia.

In questa città iniziò a studiare con un forte senso critico i testi principali della cultura ellenistica-latina, ricercando il senso della vita, fino ad approdare nel 373 al Manicheismo.

Al termine degli studi preferì continuare la carriera letteraria per insegnare grammatica e retorica, e fu proprio questo percorso che Agostino cominciò a ripudiare il Manicheismo, trovando nella scienza quella conoscenza della natura e delle sue leggi.

Nel 383, all’età di 29 anni, arrivò in Italia, per ricoprire il ruolo da professore di retorica e dopo travagliati anni di dubbi dove lo tormentava il problema del male (“se Dio esiste ed è onnipotente, perché non riesce ad annientarlo?”) rimase entusiasta nel leggere le opere di Platone e di Plotino, che riaccesero nuovamente in lui la speranza di trovare la verità.

Comprendendo come essa non sia un oggetto ma un Soggetto, proprio come viene presentata nei Vangeli, ebbe la certezza che Gesù fosse l’unica via per giungervi, e che alla Verità l’uomo aderisce innanzitutto con il suo modo di vivere.

Agostino riceve il battesimo dalle mani di Ambrogio

Fu un colloquio con Simpliciano, futuro successore di Sant’Ambrogio, che ci fu la conversione nel settembre 386, quando in un giardino di Milano sentì la voce di una bimba o bimbo che canterellava tolle lege, ossia “prendi e leggi”, invito che si riferiva alla Bibbia.

Alcuni giorni più tardi, Agostino, sfruttando le vacanze autunnali, si dimise dal suo lavoro di professore, e andò con tutta la famiglia Monica, sua madre, Adeodato, figlio avuto da una relazione con una donna ai tempi giovanili a Cartagine, e i suoi amici a Cassiciacum, residenza di campagna di Verecondo, oggi Cassago Brianza, per dedicarsi alla vera filosofia, che per lui, ormai era inseparabile dal Cristianesimo.

Agostino in un dipinto di Simone Martini

E qui edizioni Graphe.it con la cura di Francesco Roat ha desiderato soffermarsi, e far tornare alla luce una delle tante opere scritte da Agostino, prediligendo quella “Sulla vita felice”, per farne riconoscere l’importanza di questa tematica affrontata peraltro da molti filosofi antichi: da Democrito e Socrate a Platone e Aristotele, fino ad Epicuro e Plotino, per citarne alcuni.

 

“Sulla vita felice” è un dialogo convito, dove Agostino assume il ruolo di anfitrione, sbizzarrendosi nella sua capacità retorica e divulgativa, per far luce intorno all’ambito spirituale e sua quale sia corretto il sostentamento o il giusto modo di prendersi cura dell’anima, fino al tema principale cioè di che cosa sia davvero costituita una vita felice.

Uno scritto che trabocca di meraviglie: la lingua immaginifica, l’analisi sottile e complessa dei sentimenti più remoti e oscuri, e il modus divino, come regola presente in tutto l’universo, costituendo un Logos, inteso come Ragione universale che governa il mondo.

Spunti universali che restituiscono al lettore i mezzi per una libertà interiore, che va oltre al singolo credo.

Di Alberto Corrado