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Una madre approfitta della morte del suocero, e della sparizione della figlia, se pur breve, per sottrarre segreti e pensieri destinandoli a comporre un romanzo. Ma ne avrà solo guai. È l’esordio di Toby Lloyd.

“Quando il Bal’al Shem fu prossimo alla morte, uno studente andò da lui con un libro e disse: “Queste sono le vostre parole, che ho messo per iscritto. Questa è la Torah di Rabbi Israel”.

Il Maestro lesse quel che era scritto, e disse: “Non una di queste parole è la mia Torah”.

Leggenda chassidica

 

Alla fine del film Amadeus, diretto da Miloš Forman nel 1984, tratto dall’omonima opera di Peter Shaffer, e liberamente ispirata alla vita del compositore Wolfgang Amadeus Mozart e Salieri, il primo è allettato e quasi in fin di vita, mentre il secondo, lo assiste nel completamento della Messa da Requiem.

Mozart detta, e Salieri trascrive sullo spartito, non seguendolo e certe volte non capendo: questa è la totale distanza tra i due personaggi, quella di un genio assoluto e un normale talento, calato nel contesto sociale della sua epoca.

Nella realtà della storia musicale non è andata proprio così, ma il film vuole raccontare la storia di un accesso antagonismo, tra il giovane musicista salisburghese e il compositore legnaghese. Nella realtà Mozart muore, e la Messa da Requiem sarà completata dai suoi allievi, ma cosa sarebbe successo se Salieri se ne fosse appropriato, se l’avesse finita lui e ci avesse messo la sua firma.

F. Murray Abraham and Tom Hulce in Amadeus (1984)

Questo preambolo risponde a quello che sto per scrivere su un contesto con condizioni simili quello di “Fervore” edito da Neri Pozza di Toby Lloyd, scrittore inglese.

Eric e Hannah Rosenthal, anche loro sono inglesi assieme ai figli Gideon, Elsie e Tovyah, e vivono con il nonno Yosef, sopravvissuto alla Shoah, in una villa nella zona nord di Londra.

Eric è un avvocato mite e dai modi cortesi, Hannah giornalista oltremodo ambiziosa, ed entrambi credono profondamente nella verità, parola per parola, dell’Antico Testamento, dunque in una vita dove Dio, e il demonio, sono presenti in ogni istante.

Un giorno il vecchio Yosef muore, ed Elsie scompare, per poi ricomparire, quattro giorni dopo, misteriosamente diversa, mentre Hannah a dispetto di tutti annuncia di voler scrivere un libro sulla storia del suocero, con un passato in Polonia, macchiato da un segreto terribile.

Niente è più come prima: Elsie sembra posseduta da una forza tenebrosa e la sua sofferenza diventa un buco nero che inghiotte il resto dei Rosenthal.

Di carne al fuoco, nel romanzo di Toby Lloyd, c’è ne tantissima, ma l’autore è bravo a tenere assieme tutti i fili, e a portare a casa il risultato di un romanzo appassionante e al tempo stesso impietoso nei confronti del mondo ebraico. C’è il tema dell’appropriazione di personalità, ci sono le gogne social, c’è l’antisemitismo, ma anche un mondo in cui non puoi fare altro che correre più veloce degli altri, per non soccombere. Elsie si è persa nel labirinto del misticismo ebraico evocando oscure presenze, ma anche vittima della sua famiglia altamente disfunzionale con l’aggravante della religione.

Toby Lloyd

Ma il romanzo di Toby Lloyd non sarebbe così potente se si fermasse a questo, ad una semplice storia di una sofferenza, per quanto ben narrata. Perché le esistenze di Tovyah che si è rifugiato a studiare ad Oxford, lontano dall’eco mediatico della madre con il suo libro, e quello di Gideon che a vivere a Tel Aviv, sono immerse in un contesto sociale che le rendono ciò che sono, e allora, se le responsabilità sono ovviamente individuali, è ovvio che i nostri gesti sono anche frutto del sistema nel quale siamo costretti a vivere e lavorare. E quel sistema è una società malata.

@keren-fedida

Il quadro tracciato da Toby Lloyd è accurato e al tempo spietato: l’autore ci mostra nel dettaglio il funzionamento del sistema sociale, storture comprese.

Vediamo un mondo, che invita alla competitività estrema, che toglie ogni piacere all’atto di vivere o pensare, per trasformarlo in qualcosa di performativo, completamente al servizio dei bisogni del mercato.

Hannah non scrive per un bisogno interno di condivisione, ma solo per diventare un faro al centro dell’attenzione dei media, e per lasciare un segno sulla sua crociata sull’antisemitismo. E questo che la spinge a rubare la vita dei suoi cari, per entrare nel mondo scintillante della editoria di alto livello, essere ammirata, apprezzata, e fare un sacco di soldi, ovviamente. Fuori, c’è il mondo che guarda, che giudica. Basta un sospetto per innescare shit storm che partono sui social, ma finiscono per traboccare nella vita reale, rovinando l’esistenza della propria famiglia.

@ alex-folguera

“Fervore”, titolo che fa riferimento all’ardore ad un’intensità di un sentimento, ma può anche tramutarsi in una lotta, o in una disputa, ed è questa l’elemento primordiale, che appartiene al romanzo di Toby Lloyd, perché lo si legge come un thriller psicologico, che ci lascia addosso il disagio di una immagine impietosa su ciò che siamo come società, come solo la buona scrittura sa fare.

Di Alberto Corrado