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Insieme meravigliosi e umoristici, crudeli e fuori dal tempo, questi racconti tramandano la vita della giungla e la cultura di popoli sommersi. Storie ancestrali che rivelano un mondo segreto, annidato fra terra e cielo.

 

Mi si perdoni l’accesso al libro da un insegnamento sateré -mawé dell’Amazzoni brasiliana. Leggendolo ho appreso che attraverso la conoscenza dei miti, capiamo perché siamo al mondo e perché siamo ciò che siamo. Perché siamo qui solo per vivere, ma anche per imparare a farlo.

Sto parlando dei “Racconti dei saggi d’Amazzonia” edito da L’Ippocampo, di Pierre-Olivier Bannawarth, narratore, che si definisce un artigiano-viaggiatore, un nomade le cui storie per bambini e adulti ci collegano alla nostra parte di umanità condivisa.

I racconti dei miti, magia e misteri descrivono una Amazzonia che sprofonda nei secoli, tocca la parte ancestrale, raggiunge la classicità, finisce nelle più oscure tenebre dei tempi arcaici.

Le varie etnie come Candoshi, Amazzonia peruviana, Huitoto, tra la Colombia e il Perù, imparano fin dall’infanzia a sognare, come da noi si impara a leggere e a scrivere, per trasformare l’onirico in un pensiero, che sembra di venire da un ricordo lontano.

@deb-dowd
@juan-orestes

Ventisei miti raccontati nel libro, come ad esempio “Il canto d’amore dello uirapuru”, racconto tupi-guaranì, dove Quaraçà, il protagonista fanciullo, amava smarrirsi nella giungla suonando il flauto alla luna per raggiungere la sua amata Anahí.

L’aspetto che più m’ha interessato di questo libro, compreso il suo materiale iconografico, è il significato di questo proliferare in Amazzonia di riti e culti sconosciuti ad altri.

Aveva ben visto Goethe che nel suo Viaggio In Italia aveva scritto “Non c’è che da approvare che ci siano tanti misteri da contemplare; così ogni credente può così rivolgersi con piena fiducia a quello che gli è più congeniale.”

@Jean Vella

Pierre Olivier Bannawarth coglie nel segno, quando indica nella persistenza di questi antichi riti, concentrati per lo più nell’entroterra della foresta amazzonica, come una sorta di politeismo radicato nella coscienza collettiva e non poterlo cancellare con un colpo di spugna o con il progresso. E nello stesso tempo analizzare come la catechesi cristiana si è limitata, quando ha incontrato queste etnie, solo a sostituire quei miti espresse anche da sculture pagane, con sante icone di madonne e santi. Si è limitata per di così a convertire. Ma Pierre Olivier Bannawarth si serve della parola per arrivare a chi lo ascolta, affinché altrove, in altri momenti le sue parole formano altre narrazioni per altri mondi.

@Artists Eyes

Si conferma la sfida della casa editrice L’Ippocampo, come catalizzatore culturale, con l’ambizione di essere letta sia dal bibliofilo che da persone non monomaniache del libro, ma culturalmente curiose.

Di Alberto Corrado