@saba-ardani-
L’incontro di culture, lo scontro fra tradizione e progresso, la capacità di ritrovare quel contatto tra gli esseri per cui l’unico vocabolario che serve è quello del cuore.
“Gartje sad rud az tjesh mam rawan.
Jade rude zende karan jadbad……”
“Lacrime di nostalgia scorrono dai miei occhi
Lunga vita al fiume che scorre accanto alla tua casa……”
Hafez, poeta persiano
Nei romanzi di Kader Abdolah c’è il sapore della Persia. E anche dei sapori e dei vincoli familiari. Perché è impossibile raccontare la terra iraniana, e in particolare le magiche montagne della città di Senjan, senza parlare di ogni suo simbolo.
Questa volta Ismail, esule politico iraniano rifugiato in Olanda, riceve un giorno un misterioso taccuino, scritto in strani caratteri: è il quaderno che suo padre Aga Akbar, riparatore di tappeti sordomuto e analfabeta, portava sempre con sé.
In quel taccuino Aga Akbar registrava i suoi pensieri nell’unica scrittura che conosceva, i caratteri cuneiformi copiati da una un’iscrizione rupestre.
Ismail, che di suo padre era stato “la bocca e le orecchie”, si pone il compito di tradurlo, per perdonarsi di averlo abbandonato e riconciliarsi con il proprio destino.
Così è nato “Scrittura cuneiforme” edito da Iperborea. In 350 pagine piacevolissime da leggere tutte d’un fiato anche dondolandosi in una amaca o sotto ombrellone.
Kader Abdolah rende omaggio non solo alla storia dell’Iran dell’ultimo secolo, con il processo di modernizzazione forzata degli scià, la lotta di liberazione, l’avvento e la fine di Khoemini, ma anche alla sua umanità quello del suo esilio.
Vero ingrediente di base di un romanzo intenso e delizioso, che ci fa entrare nel mondo oscillante tra presente e passato, tra Olanda e Persia, tra poesia e realtà, nel riannodarsi del commovente rapporto tra padre e figlio.
Soprattutto quando si tessono i grandi temi sociali contemporanei: l’incontro di culture, lo scontro fra tradizione e progresso, la capacità di ritrovare quel contatto tra gli esseri per cui l’unico vocabolario che serve è quello del cuore.
Perché mettere assieme, condisce quando sia indissolubile il legame con le sue due patrie, al di là di ogni captatio benevolentiae, come si può leggere nell’incipit del terso capitolo, laddove l’autore afferma “Tutti gli uccelli avevano cominciato a fare il nido, tranne Aga Akbar.”
Ebbene questo romanzo assolve il dovere di parlare, per chi non può farlo, del ricordo dei protagonisti della lotta politica, che lo stesso autore prese parte in Iran prima di essere costretto a lasciare la sua terra, e della sua fuga e militanza e sua crescita. Tutto questo è la legge della vita. Anche Kader Abdolah come Ismail, ne ha fatta molta di strada, confermandosi con questa sua fiaba e testimonianza uno dei più sensibili poeti e versatile narratore, esule del mondo, di tutti i tempi.
Di Alberto Corrado