Marco Cavalli, critico letterario e libero docente presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Vicenza e Belluno, scava nella vita di Denis Diderot concependo il romanzo “L’Uomo Dell’Enciclopedia” edito da Neri Pozza. L’invito? Ritornare a leggere i classici.
“Gli italiani non si smentiscono mai: incapaci di adeguarsi a costumi differenti dei propri, ne inventano in continuazione dei nuovi, costringendo gli altri popoli ad appropriarsene e a svilupparli. È la tattica del genio e del folle.”
Dal romanzo di Marco Cavalli “L’Uomo Dell’Enciclopedia”
Un’avventura intellettuale, linguistica, letteraria davvero particolare e davvero inattesa: eccoci al romanzo di Marco Cavalli “L’Uomo Dell’Enciclopedia” edito da Neri Pozza.
Al centro dell’indagine, da lui agilmente condotta, è l’autobiografia di Denis Diderot, filosofo, enciclopedista, scrittore e critico d’arte francese, uno dei massimi rappresentanti dell’Illuminismo e uno degli intellettuali più rappresentativi del XVIII secolo, ma sul quale le sue parole ci invitano a ragionare in modo meno semplificato e approssimativo, meno tradizionale di quanto più spesso accade.
Abbiamo dunque un sessantenne Denis Diderot, convalescente nelle campagne di Sèvres, raggiunto da un cronista alle prime armi, ma risoluto a mettere a segno l’intervista più importante della sua carriera.
E dunque ne esce un racconto formidabile, ricco di improvvisazioni geniali, e di imprevedibili cambi di rotta, facendoci percorrere la Francia dei Lumi, e dei salotti e delle tipografie di Parigi.
E il bello del testo di Marco Cavalli sta nel cogliere la straordinaria corrispondenza tra invenzioni linguistiche e creazioni spettacolari, come l’Enciclopedia, grandioso catalogo delle conoscenze umane e impresa editoriale senza precedenti nell’Europa del XVIII secolo.
Nel romanzo di Marco Cavalli appaiono anche eroi e protagonisti della scena politica e culturale come Jean- Jacques Rousseau a Madame Pompadour, dal goffo Cesare Beccaria a Voltaire, fino all’affabile censore Malesherbes e all’altezzoso filosofo Condillac.
Importante, anzi decisivo, è il pensiero dell’autore nel suo osservare come la lingua scelta per un articolo giornalistico diventi qualcosa che esprima un’idea, un concetto mentale, ma soprattutto un corpo. Un corpo che a sua volta la esprime e interpreta nel ciarliero Denise Diderot.
E magnifico è rivedere la fenomenale capacità inventiva, che un grande nome e suoi amici, collaboratori e antagonisti coinvolti hanno saputo avere sul corpo stesso della parola.
Di non poca importanza, nella costruzione del libro, e per il lettore, la presenza di molte citazioni storiche e filosofiche, direttamente prelevate da un’accurata analisi della vita di Denis Diderot.
Ma, naturalmente, alla fine dell’arricchente lettura di queste pagine, l’invito implicito è quello di tornare a leggere i classici di cui Marco Cavalli ci parla.
Di Alberto Corrado