@ jonathan-mabey
“Tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili”.
Giuramento di Ippocrate
Esiste sentimento più pressante della sopravvivenza.?
Ed esiste un autore capace di trattarlo in modo penetrante, al medesimo tempo spiccio e suggestivo, dell’incisivo Carlo Patriarca, medico che vive a Milano e dirige un reparto di Anatomia patologica al Sant’Anna di Como? Basterebbero queste due semplici osservazioni per salutare con gioia il nuovo romanzo “La curva di sopravvivenza” edito da Neri Pozza, sezione dei Narratori.
Ha ragione Antonio Orrico nel sostenere che questa opera ha l’incandescenza sentimentale di “Cronaca Familiare” di Vasco Pratolini, e nulla da invidiare agli altri suoi romanzi ad altri medici scrittori come Louis- Ferdinand Celine, Anton Pavlovič Čechov, William Somerset Maugham e Carlo Levi.
Anche dal punto di vista drammaturgico. Il primo colpo di teatro messo a segno da Carlo Patriarca compare già nel primo capitolo con la descrizione del personaggio di Vittorio S., professore di Storia in pensione e ipocondriaco di lungo corso, che dopo reiterate prove generali di malattia, un giorno si trova a fronteggiare una vera diagnosi. Quella diagnosi, oltre a risospingerlo nella realtà, riallaccia i fili della vita di due giovani medici, il nipote Aldo e il suo amico di sempre, Bruno.
Bruno, dall’indole riservata e riflessiva, è diventato anatomopatologo,mestiere che lo porta a confrontarsi in solitudine con malattie insidiose, spesso camuffate dietro false apparenze, com’è il caso del male di Vittorio. Aldo, invece, chirurgo carismatico dal robusto autocontrollo, dopo tanti successi si trova inaspettatamente a convivere col sapore amaro dell’errore, ossessionato dal perfezionismo tradito.
Ecco perché Carlo Patriarca sottolinea attraverso la storia di due amici, le contraddizioni e il senso di inadeguatezza che attanaglia chi di mestiere salva vite umane.
Anche se, certo, ora il compito è anche quello che i corpi umani chiedono riparazione, emozioni o chiedono riconoscimento, e sopra ogni cosa la salvezza.
Tanto che da qui in avanti Carlo Patriarca offre al lettore una serie di riflessioni per uscire da quella colluttazione quotidiana con una malattia, da cui non è mai concesso distogliere lo sguardo.
Dopodiché, trasforma ricordi, colpe, inganni e ambizioni in una linea d’ombra della maturità, dove il suggerimento più importante, non dire mai a voce alta che tutto è finito.
Come negare, arrivati a questo punto che la curva di sopravvivenza costituisce uno snodo fondamentale nello sviluppo dell’idea di ogni singolo di combattere quella malattia inaspettata, con la capacità di cambiare con il proprio robusto autocontrollo il suo decorso. Senza mai dimenticare, però inciampi, contraddizioni e i labirinti della mente. Non si spiegherebbero, altrimenti, le incessanti metamorfosi che contrassegnano la nostra esistenza.
Di Alberto Corrado