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Stephan Orth attraverso il suo libro edito da Keller ci porta in un viaggio diverso per conoscere l’autentica Iran, fatta di persone incredibilmente ospitali.

“Khayyam and leave the wise
To talk; one thing is certain, that life flyes;
One thing is certain, and the rests is lies;
The flower that once has blown forever dies. »

«Oh venite con me dal vecchio
Khayyam e lasciate parlare il saggio
Una cosa è certa, la vita vola;
Una cosa è certa, ed il resto è menzogna;
Il fiore che sembrava eterno muore.»

Rubaiyat of ʿUmar Khayyām, Quartina 26

Una ventina di anni fa il successo di leggere “Lolita a Teheran” ebbe il doppio risultato di rivelare l’aspra realtà politica ed esistenziale di un grande paese come l’Iran e far scoprire su vasta scala l’autrice Azar Nafisi.

L’Iran dietro le porte chiuse” di Stephan Orth edito da Keller ripete il cruciale verbo di leggere, e dove, precisa l’autore “si attinge alle mie esperienze di vita in Iran per oltre novemila chilometri, trascorrendo sessantadue giorni in questa misteriosa repubblica islamica.”

@omid-armin
@omid-armin

Esperienze di vita certo, dal momento che nessuno può sfuggirvi, ma qui vi è un angolo visuale inedito e rivelatore di ciò che accade dietro le quinte di una società più chiuse del mondo “che mettono in discussione i due Iran che coesistono l’uno accanto all’altro: quello ufficiale e teocratico e quello privato, in cui le aspirazioni e la felicità, sentimenti, amicizia sono coltivate con riserbo e con abilità districandosi tra le rigide leggi del proprio Paese.

@etodayn

Le pagine si mescolano alla vita dei personaggi che si sono incontrati, e quel desiderio di conoscenza da parte di Stephan Orth, autore e giornalista pluripremiato. La politica talvolta toccata si mescola alla divagazione fantastica dei paesaggi o nell’apprendere attraverso la poesia di ʿUmar Khayyām, studioso universale persiano, quel senso di libertà inebriante che aleggia a tutt’oggi nelle nuove generazioni, che guardano il futuro, considerando i grandi pensatori del passato.

XXXIII La Terra non poteva rispondere, illustrazione per “The Rubaiyat of Omar Khayyam” (1905) a cura di Adelaide Hanscom, tradotto da Edward Fitzgerald

Un libro che ci salva dai linguaggi dell’odio, che stiamo assistendo da parecchi anni da politici e comunicatori, aggiungendo come dice l’autore, “ci porta a vivere”. Tutto questo è possibile attraverso il viaggiare cercando alloggio nelle abitazioni private, approfittando così di raccontare un Paese dietro le sue porte chiuse. Un reportage pieno di umanità e colore, e soprattutto illuminante.

Di Alberto Corrado