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Un romanzo dalla consapevolezza crescente che un singolo giorno, esteriormente ordinario, nella vita di ognuno, contiene praticamente tutto che c’è da sapere sulla vita umana.

“Non ci stupiremo più di tanto se, sentendo bussare alla porta, scoprissimo un’entità ammantata di muschio, con il volto gentile e curioso sotto un cappello fatto di felci, che si è solo fermata per vederci, assicurarsi che fossimi qui, darci il benvenuto e augurarci prosperità e lunga vita.”

Michael Cunningham / Day

Se non fosse troppo sbrigativo e scontato, verrebbe da dire mille volte Michael Cunningham, a proposito del suo ultimo romanzo “Day” edito da La nave di Teseo, che arriva nelle librerie dopo un lungo silenzio durato dieci anni.

Non soltanto perché i suoi romanzi sono quel genere di scrittura introspettiva e sempre attenta a scavare e riportare a galla i pensieri, le idee, i dubbi, le sofferenze dei personaggi, ma poiché ce ne vorrebbero altri mille, di autori nel mondo della letteratura.

Michael Cunningham

Giocoso e provocatorio, Michael Cunningham, con “Day” ripercorre la storia di una coppia Dan e Isabel, attraverso giorni decisivi, che abbracciano una vita intera. Nel mezzo c’è di tutto: dalla patina di felicità domestica che comincia incrinarsi, alla partenza di Robbie, il fratello minore di Isabel, anima ribelle della famiglia che abita nel loro attico, che rompe il fragile equilibrio, da Violet figlia minore della coppia che finge di non vedere la distanza tra i genitori al fratello Nathan che piano piano sperimenta i prima passi verso l’indipendenza. Fino al mondo che si chiude in lockdown dove Dan e Isabel si sentono in prigione, tra piccoli inganni e frustrazioni reciproche, mentre Robbie è bloccato, in una baita di montagna in Islanda, solo con i suoi pensieri e una seconda vita segreta su Instagram.

Un autore introspettivo, che attraverso le riflessioni dei protagonisti, consente di assumere una prospettiva critica differente su numerosi aspetti della vita, ma ci concede anche, fra le righe, di assumere la nostra intima prospettiva. E questo ci rende persone più forti e molto più consapevoli. Questo libro è la prova evidente.

Oliver Mallinson Lewis from Oxford, United Kingdom

Ricordate “Le Ore”, vincitore premio Pulitzer, una storia che si svolge nell’arco di una giornata, una giornata che mostra la vita di tre donne legate da un filo invisibile ma tenace. O “Una casa alla fine del mondo”, romanzo d’esordio del 1991, dove ogni sentimento, immagine e sensazione anche la piu dolorosa diventa un prezioso messaggio di chiave di lettura nascosta, che fa parte di quell’invisibile, che abita nella nostra coscienza.

Rapporti emblematici, di prese di distanze. Immagini che Michael Cunningham si è spogliato ed ha voluto fotografare nei suoi romanzi, partendo da quella generazione diventata grande subito dopo Woodstock, i post-hippy, a quella della pandemia dove il modo per diversificare i giorni, che sembravano tutti uguali, si cercava di fissare il tempo, guardando il cielo, proprio quell’azzurro che sarà poi la scelta della cover per “Day”.

Una casa alla fine del mondo (2004) Colin Farrell in Una casa alla fine del mondo (2004)

Uno squarcio nelle nostre vite quotidiane che diventa quel senso di riscatto, per reclamare l’attenzione alla nostra memoria storica.

Una poetica che Michael Cunningham conosce molto bene, e che conduce il lettore a cavalcare fino alla fine, con quei personaggi descritti che si semplificano nel corso della storia fino a crearsi un nuovo mondo e nuova realtà, dove poter sopravvivere.

 Motivo che i suoi libri sono letti tra i boomer e millenials che amano ritrovare in quegli ambienti e in quel mondo simile al loro,  cose che possono essere impossibili

Di Alberto Corrado