Marina Cicogna si è spenta all’età di 89 anni, nella sua casa romana. Una donna di talento e ironia che cambiò il cinema.
“La famiglia è una cosa casuale, il cinema è una scelta”.
Marina Cicogna
Marina Cicogna Mozzoni Volpi di Misurata è stata una figura di evidente spicco, ed è stata un personaggio di quello, che una volta si definiva “jet set”.
I genitori erano il Conte Volpi, un banchiere di una casata lombarda con tre quarti di nobiltà che risaliva al Cinquecento e a Carlo V, mentre la madrea, la contessa Anna Maria Volpi di Misurata, era la seconda di una famiglia nobile veneziana.
Suo nonno materno, fu una delle figure più importanti nella creazione dell’Italia moderna, essendo stato prima Governatore della Colonia Italiana in Libia negli anni’20, poi Ministro delle Finanze, fino a dare origine alla Mostra del Cinema di Venezia.
Nasce nel 1934 in una stanza a Palazzo Volpi, in via del Quirinale a Roma, ma si trasferisce in tenera età per lo più a Milano, e a Venezia nei mesi estivi, e a Cortina, per l’inverno.
Nell’età del Dopoguerra, dopo gli studi di fotografia negli Stati Uniti, decide di abbracciare la sua prima passione, inventandosi una professione, quello di produrre film, diventando titolare nel 1967 della Euro International Film, assieme al fratello Giuseppe Ascanio, per tutti “Bino”.
Il loro nomi si legano soprattutto per delle idee folgoranti nella distribuzione di quella Italia bigotta, prima con l’acquisto per l’Italia, nel 1967 , de “Belle de jour” di Luis Buñuel, film scandaloso in cui si confonde sogno e realtà attraverso la chiave dell’assurdo, e lo portano alla 28° Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, vincendo il Leone d’Oro. Poi , sempre lo stesso anno, importano “Helga- il concepimento, la fecondazione, la nascita, i problemi sessuali ” film didattico diretto da Erich F. Bender, diventando il primo leggendario film “porno”, uscito in Italia.
A cui fanno seguito altrettante pellicole controverse come “Metti una sera a cena” di Giuseppe Patroni Griffi, campione d’incassi nel 1968, grazie al cast, che comprendeva Jean-Louis-Trintignant e Florinda Bolkan, che Marina Cicogna notò l’anno prima durante un volo della compagnia area Varig, per la quale la giovane brasiliana lavorava come hostess, e per quella scena hard di un ménage a trois, che fece entrare di diritto il film, nell’emergente filone erotico.
Quello, con Florinda Bolkan sarà un importante rapporto sentimentale, che con la sua consueta ironia, la contessa raccontava spesso di come la sua compagna fosse insicura e come doveva essere rassicurata, sul fatto di essere, ancora desiderabile “Ho cercato sempre di avere pazienza” dichiarava Marina Cicogna ai numerosi giornalisti dell’epoca, che spesso le rivolgevano molte domande riguardo il suo legame “la teoria di Florinda era che potesse avere la sua vita e fare tutto quello che voleva, ed io dovevo aspettare. Ma poi si sa che non succede davvero così”. Dopo questo rapporto particolare, si lega a Benedetta Gardone, molto più giovane di lei, che diventa prima la sua compagna per oltre trent’anni e poi sua figlia tramite adozione, per tutelare il suo futuro patrimoniale.
Dopo seguono molte produzioni epocali , da lei fortemente volute contro lo scetticismo della stessa Euro, come “C’era una volta il West” di Sergio Leone, “Teorema” e “Medea” di Pier Paolo Pasolini, “Uomini contro” di Francesco Rosi, “Anonimo veneziano” di Enrico Maria Salerno, “Mimì metallurgico ferito nell’onore” di Lina Wertmüller, “Fratello sole, sorella luna” di Franco Zeffirelli e soprattutto il film della sua vita “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri che, al netto di furiose polemiche politiche, vinse il Premio Oscar 1971 per il miglior film straniero.
Non ha mai mancato di sottolineare, in ogni momento della sua vita, che Elio Petri è stato un grande regista, perché secondo la sua opinione aveva un’assoluta padronanza della macchina da presa, e un talento innato, per girare ogni scena con estrema naturalezza.
Dopo il tragico suicidio del fratello “Bino” a Rio de Janeiro e la crisi finanziaria della casa di produzione Euro International Film, passa per un periodo breve sotto l’ala della Paramount, ma dove si vede rifiutare dai vertici, di poter finanziare “Ultimo tango a Parigi” di Bernando Bertolucci e “Il portiere di notte” di Liliana Cavani. per poi cessare del tutto l’attività produttrice, e trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti.
La classe di Marina Cicogna non è mai venuta meno, come testimonia lo splendido documentario del 2021 “Marina Cicogna- la vita e tutto il resto” di Andrea Bettinetti, regista lombardo che spazia dal racconto biografico a quello legato all’indagine politico-sociale, dove si ripercorre le tappe della sua vita: dalla fuga con Florinda Bolkan a Parigi nel maggio del 1968 alla tournée giapponese dei Rolling Stones, vissuta come ospite di Mick Jagger.
A maggio di quest’anno alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, la contessa Cicogna ha presentato il suo libro autobiografico “Ancora spero. Una storia di vita e di cinema”, scritto con la giornalista e critica cinematografica Sara D’Ascenzo, edito da Marsilio, dove si mette a nudo, parlando dei decenni in cui era una donna libera e anticonformista, ma anche dalla sua lontananza dalla sfavillante mondanità del passato, fino all’esperienza della sua malattia.
Leggere l’autobiografia di questa grande ambasciatrice della cultura italiana è compiere un’avventura che ad ogni passo riesce a procurare sottili emozioni sulle quali il testo, nella sua elegante complessità di una esistenza trascorsa a non inseguire, ma creare i sogni, senza mai scendere a compromessi, ci invita a tornare alla ricerca di quelle nuove e sottili vibrazioni, che solo una donna autentica è stata in grado di offrirci.
Di Alberto Corrado