Prodotti cult di grande qualità. Un parametro che definisce la cosmesi che si muove in un rapporto simultaneo tra passato e futuro, tra coerenza e differenza.
La scrittrice e saggista Susan Sontang è sempre stata attenta al tema della bellezza, indagando gli aggiustamenti e le trasposizioni culturali, che nel corso del tempo hanno moltiplicato il suo concetto, vanificando al suo interno l’inestricabilità di etico ed estetico. Di certo, la bellezza è stata canonizzata dalle forme artistiche sia nel campo moda sia nelle arti visive. Le sue rappresentazioni ora binarie, che la vogliono tanto interiore che esteriore, duratura ed effimera sono segni che hanno orientato un ricco patrimonio narrativo sui modi di percepirla e di consumarla. È il pensiero va ad alcuni brand che hanno consegnato la nozione di bellezza, alla nostra sensibilità contemporanea, mettendo a fuoco quel modello estetico incarnato nel confine iconografico.
Una bellezza che non precipita nel gorgo della moda, la dove la mutevolezza è espressa come sovversione visiva, ma nella democratizzazione di plasmare la propria immagine in un modello senza tempo. Gli ideali di bellezza del passato riaffiorano e vengono rieditati di volta in volta attraverso un’instancabile opera collettiva di rimodellamenti vivificanti.
Sulla scia di queste riflessioni, ci accingiamo a narrare le storie di queste aziende capaci di andare oltre le barriere spazio-temporali.
IL PROFUMO DI AFRODITE
Il team di ricercatori spagnoli dell’Università di Cordoba, guidata dal Prof. Josè Ruiz Arrebola scoprono un profumo al patchouli dell’Antica Roma.
Nella maggior parte degli scavi archeologici nell’Antica Roma si sono recuperati molti vasi utilizzati per contenere profumi o unguenti, ma certamente poco si sa della loro composizione chimica e l’origine degli ingredienti, che contenevano. La maggior parte delle informazioni ora disponibili riguardano basi cosmetiche come pomate, piuttosto che essenze profumate.
La scoperta nel 2019 di un unguentarium in cristallo di rocca, sigillato con un tappo e contenente massa solida in una tomba romana a Carmona, comunità autonoma dell’Andalusia, in provincia di Siviglia, in Spagna, è un ritrovamento abbastanza insolito.
Questo potrebbe essere la prima volta, che viene identificato un profumo di epoca romana, rappresentando un grande passo in campo archeologico, dato che il profumo contenuto nell’unguentarium era probabilmente patchouli e il tappo era costituito da dolomite, materiale sconosciuto, dato che per sigillare veniva usato il bitume. Facciamo un passo nel tempo passato della città di Carmona, che era una delle principali città della Betica, provincia romana nel sud della Hispania, nel I e II secolo d.C.
La città conserva ancora numerosi edifici e resti di epoca romana particolarmente importanti, tra cui il più grande complesso funerario iberico della penisola, oltre che, continui scavi portano alla luce lavori di costruzione di necropoli.
Nell’agosto 2019, i lavori di riabilitazione in corso 52 Seville Street, hanno portato alla luce un passaggio sotterraneo, che successivamente è stato indentificato come un mausoleo romano collettivo, appartenente ad una famiglia di alto rango. La camera principale, a volte decorate con dipinti, era stata utilizzata per seppellire i tre maschi e tre femmine adulti, che furono cremati e le loro ossa conservate in urne di pietra o di vetro.
All’interno di questa camera vi erano otto nicchie in ottime condizioni: sei nicchie contenevano le urne con le ceneri e vari oggetti legati ai rituali di sepoltura e offerte, mentre il loculo 7 conteneva una olla ossuaria con due anse a forma di omega, e l’ultimo vuota. L’urna del loculo 7 era chiusa da un coperchio con manico di vetro posizionato capovolto, per facilitare la chiusura della teca di piombo, e conteneva le ossa cremate, tre grani rotondi di ambra e un unguentarium a forma di anfora tappato, contenente una massa solida.
Il team guidato dal professore di chimica organica Josè Rafael Ruiz Arrebola con studi approfonditi su questo reperto insolito è risalito alla chimica della sostanza, molto probabilmente un profumo o un cosmetico di alta qualità, a giudicare dalla natura del vaso.
Fin dall’Antico Egitto si usavano i profumi, dato che pensavano che provenisse da Ra, il dio del Sole. In seguito si espansero in altri luoghi come la Grecia e successivamente a Roma. Nella maggior parte dei casi, i profumi erano conservati in vasi di forma variabile e il primo profumo antico è stato ritrovato sull’isola dove sia nata Afrodite. La civiltà romana inizio ad apprezzare i profumi, solo dopo la conquista della fascia orientale del Mediterraneo e la guerra contro Antiochia III, tale da produrre su larga scala durante l’Impero.
Gli oli utilizzati per produrre profumi venivano estratti dal sesamo, dal ravanello piccante, dalle mandorle o soprattutto dall’olio di oliva, di olive acerbe. Pertanto, i profumi realizzati dagli artigiani romani contenevano una base oleosa, anziché alcol, e di conseguenza richiedevano la conservazione in un vaso. L’uso del profumo in epoca romana variava dalla vita quotidiana alle occasioni speciali come i funerali, dove l’incenso era obbligatorio.
Inoltre, i profumi venivano applicati come unguenti o usati per imbalsamare i defunti, anche nel caso della cremazione dove ossa e ceneri venivano riposte in una olla insieme ai profumi. Sebbene gli unguentarium siano stati rinvenuti abbastanza comunemente nei luoghi di sepoltura romani beltici, gli esemplari tappati costituiscono reperti molto eccezionali.
L’uso del profumo in epoca romana variava dalla vita quotidiana alle occasioni speciali come i funerali, dove l’incenso era obbligatorio. Inoltre, i profumi venivano applicati come unguenti o usati per imbalsamare i defunti, anche nel caso della cremazione dove ossa e ceneri venivano riposte in una olla insieme ai profumi.
Sebbene gli unguentarium siano stati rinvenuti abbastanza comunemente nei luoghi di sepoltura romani beltici, gli esemplari tappati costituiscono reperti molto eccezionali.
Dalle analisi del tappo che ha uno spessore di 7mm differiva notevolmente all’interno e all’esterno, pertanto il lato esterno che era a contatto con l’urna, presentava zone ocra e zone più scure, tendenti al nero, mentre il lato interno era gran parte bianco.
Per questo motivo il tappo di Carmona è stato analizzato prima dell’unguentariumper accertare, se le vestigia contenute in quest’ultimo provenissero dal primo. Dalle analisi del tappo che ha uno spessore di 7mm differiva notevolmente all’interno e all’esterno, pertanto il lato esterno che era a contatto con l’urna, presentava zone ocra e zone più scure, tendenti al nero, mentre il lato interno era gran parte bianco. Questo ha supposto che i composti della massa, potevano essere associati al patchouli e al grasso, per supportare l’ipotesi che un tempo l’unguentarium contesse profumo.
La novità di questa scoperta archeologica costituisce un grande sviluppo nel campo archeologico, perché è il primo vero rapporto sull’uso del bitume, come agente sigillante in un unguentarium con tappo di dolomite. A nostra conoscenza, questa è forse la prima volta che viene identificato un profumo di epoca romana coerente con le descrizioni classiche storiche che il profumo era almeno composto da due sostanze diverse: un olio essenziale e una materia grassa.
E questa scoperta mette in luce la composizione del contenuto dell’unguentariumche è coerente con l’estratto di patchouli mescolato con grasso vegetale come desumibile dalla presenza di β-sitosterolo, stigmasterolo e squalene.
A cura della Redazione