fbpx

Antonio Marras rompe gli schemi, diventando un narratore sospeso tra realtà e finzione portando in scena la sua collezione SS 2024 attraverso la settima arte.

“Everything I learned I learned from the movies”.

Audrey Hepburn

Antonio Marras per raccontare la moda, fin dai suoi esordi, ha usato sempre la narrazione attraverso una scena, un set, un palco, questa volta ha desiderato parlare della sua spensierata adolescenza, e del tempo passato seduto tra il cine teatro Selva e il Miramare di Alghero nel guardare e riguardare in loop i film, che ancora oggi fanno parte del suo vissuto.

Nello show di presentazione della collezione primavera-estate SS 2024, eseguito in uno spazio industriale alle porte di Milano, ha desiderato costruire un set-up, come se fosse un palcoscenico di un film, quella pellicola fatta di ricordi, che gli fecero battere il cuore.

Era il 1967, quando ad Alghero sbarcò la troupe di Joseph Losey, alla ricerca di un set ideale per girare il film “Boom” in italiano “La scogliera del desiderio” sceneggiato da Tennessee Williams dal suo script teatrale “The Milk train doesn’t stop here anymore” interpretato da Elizabeth Taylor e Richard Burton.

Antonio Marras a quel tempo aveva solo sei anni, ma i ricordi di quell’allestimento sono rimasti impressi nella sua mente come se fossero un segno indelebile: dal mega yacht Kalizma di Elisabeth Taylor e Richard Burton con cuochi, cani e annessi capitani e marinai, ai gioielli di Bulgari indossati da Liz, fino agli abiti realizzati apposta dall’Atelier Tiziani, i copricapi di Alexander provenienti da Parigi.

Una magia infinita davanti gli occhi di un bambino, che viveva in isola incontaminata, vergine e selvatica, che entrava in collisione con la grande macchina mediatica di Hollywood, dove l’immaginabile diventava realtà quotidiana.

Come un soffio flebile del vento come in quella estate calda degli anni’60, il designer sardo grazie anche al docu.film di Sergio Naitza, che ha vinto il Kingston International Film Festival di Londra, ha desiderato ricostruire la mitica lavorazione di quel film destinato a diventare, nel bene e nel male, un fenomeno di cult movie.

Un cold case della storia del cinema, che Antonio Marras descrive nel suo allestimento per la collezione SS 2024, partendo dal concetto del cinema come sistema di proiezione e protezione, che da una parte crea un via d’uscita dal mondo, e dall’altra permette in modo sicuro di riconnettersi, grazie a immagini, dati e link, che consentono una riappropriazione della realtà. Un meccanismo che sorge davanti alle paure del mondo moderno, in continuazione mutazione sociale ed economica.

Un esempio tangibile che si è visto questo show, dove l’evoluzione di un ricordo diventa una lanterna magica che crea vari studi cinematografici dove si alternano attori, attrici e lavoranti, dive, segretarie di produzione, costumisti, regista, produttore, ciakkista, fonico macchinista, comparse e modelli e modelle, e aspiranti attrici.

Una bolla, solo minima parte fisica, che ci ha fatto estraniare e affascinare di quella parola che si chiama cinema, che Antonio Marras è riuscito a portare fuori dal grande telone dello schermo, rubando le nostre anime estasiate di questo viaggio onirico che si presentava davanti gli occhi, alleviando per un momento i dolori della nostra anima.

Tra Kaftani evanescenti, abiti couture, vestaglie e tailleur sartoriali che risplendono di quello che era il concetto della vita stretta negli anni’50, e tra capispalla maschili over abbinati ad abiti rifiniti con cura, il confine tra immaginazione e realtà è stato filtrato in un adattamento di un guardaroba moderno, pensato per una desiderabile quotidianità.

Eppure può affiorare il dubbio che questo sia arte della improvvisazione per separarci dalla realtà, invece è solo un mezzo per riconnetterci ad essa ponendoci in una zona di sicurezza, per sfuggire alla miseria della vita moderna, e produrre fiducia verso il futuro.

Antonio Marras non è certo un uomo che vive solo di ricordi, anzi il suo show può essere letto anche come sprone a ritrovare sé stessi, anche se ci parla attraverso una narrazione di un guardaroba della prossima estate, anche perché sappiamo bene che il vestito che indossiamo ogni giorno non è altro il nostro modo di presentarci il nostro corpo al mondo.

Di Alberto Corrado