Nel gioco dei contrasti dell’universo della moda, il messaggio trasmesso da Ermanno Scervino è quello di pura bellezza e assoluta qualità. Arte allo stato puro, come nelle vecchie botteghe rinascimentali, dove si creava il bello per la mappa dei desideri del committente.
La scelta di sfilare tra gli antichi pilastri e archi rinascimentali della Cà Granda a Milano è una scelta minuziosa da parte della Maison Ermanno Scervino ad opera di Ermanno Daelli e Toni Scervino.
Esplorando il rapporto tra Milano e Firenze, non solo dal punto di vista della moda, possiamo affermare nel corso del Quattrocento il Ducato di Milano fu uno dei protagonisti chiave sulla scena politica e culturale italiana e i densi contatti tra i Medici, signori di Firenze, e la corte milanese portarono ad uno scambio di politiche, merci, artisti e idee.
Si è sempre saputo che Ermanno Scervino è uno scultore di bellezza nel celebrare la femminilità attraverso quel sapere della sapienza artigiana per esprimere il suo amore per la grazia delle donne, questa volta ha desiderato distillare l’essenza di questa sua arte nella collezione primavera/estate 2024, presentandola in questo edificio del quattrocento, fortemente voluto da Francesco Sforza, Duca di Milano.
Un inno alla bellezza totalizzante, dove gli scorci di nudità erano aggraziati e abbinati a tessuti preziosi e volumi che esaltavano il corpo, per creare un guardaroba di pezzi unici, che sono l’espressione della maestria di un atelier, come le vecchie botteghe rinascimentali.
La seta diventava eterea per abiti impalpabili e sensuali nella loro linearità, mentre forza e dolcezza prendevano vita ornando la maglieria e parka indossati con lingerie di camoscio.
All’interno di un guardaroba per una donna che desidera esaltare la propria personalità, non poteva mancare il denim, che invece di essere di vero cotone, era fatto di crepe de chine, un approccio diverso che ci ricorda la tecnica pittorica del trompe-l’oeil, che induce l’osservatore nell’illusione di guardare il capo come se fosse un oggetto reale e tridimensionale.
Qui si vede la vera essenza creativa della Maison, nella continua ricerca di assolvere al suo compito di disegnare il corpo, e ancora di più nelle rouche plissettate come petali che ondeggiavano fino a toccare il suolo o nelle sottovesti bordate di quel pizzo, unico e irrepetibile, dimostrazione di riconoscimento iconico nel mondo, fin dall’inizio della sua apparizione sulle passarelle.
L’introduzione degli occhiali cat -eye sui tailleur di stagione, su corsetti sagomati, che accarezzavano il seno, con bermuda a vita bassa, che esaltavano il punto vita, non sono altro quella sapienza artigiana che esalta la forza e la vera essenza della moda, trasformando ogni singolo look, come qualcosa di unico.
“Sono molto legato agli accessori” spiega Ermanno Scervino in backstage, mentre seguiva il suo team nel creare gli ultimi ritocchi ad arte come un novello scultore di bellezza “il nostro lavoro è iniziato dalle borse e dalle scarpe, per poi trasformare l’azienda in una produzione di un guardaroba completo”.
Un messaggio autentico che è stato trasmesso nella assoluta qualità delle scarpe: dai sandali greci piatti o con un leggero fondo, oppure tacchi altissimi con platform.
Se Michelangelo Buonarroti pescava a piene mani dalla cultura classica toscana, mentre Leonardo da Vinci filtrava la plasticità gotica come si può ammirare nella raffigurazione della Battaglia di Anghiari, Ermanno Scervino ci trascina nel suo mondo, che non si conforma all’ordine del fashion, ma diventa quello spazio artistico composto da ore di lavoro e d’amore verso quella sapienza artigiana.
Un vero inno alla unicità, che qualsiasi compratore desidera avere nel proprio guardaroba, anche spendendo molto, ma sapendo che un pezzo d’arte per il proprio corpo.
Di Alberto Corrado