Maria Grazia Chiuri ha immaginato la collezione ready-to wear Dior SS 2024 come se fosse una riflessione sul significato del presente, dove il passato e futuro coesistono.
Fin dal suo mandato in casa Dior, Maria Grazia Chiuri, ha sempre portato avanti il rapporto tra femminilità e femminismo, partendo dalla convinzione che la moda abbia, più che mai, la responsabilità di aiutare le donne a prendere consapevolezza del proprio valore, ed esprimere le proprie differenze.
Il 1° ottobre del 2016, sua prima sfilata, adottò questo concetto usando una citazione che resta come pietra miliare per il suo proseguo creativo fino ad oggi “…. Non esiste un solo tipo di donna”.
Guardando attentamente ogni singolo look, di questa collezione, abbiamo potuto notare un guardaroba contemporaneo per donne ribelli e potenti outsider, che ci rimandano a quel poter immaginifico di attrici come Ingrid Bergman nei panni di Giovanna d’Arco, di Simone Signoret nell’adattamento cinematografico de “Il Crogiulo” dramma in quattro atti di Arthur Miller, che sfrutta l’evento storico della caccia alle streghe, per tracciare un implicito parallelo con il Maccartismo americano degli anni cinquanta, fino alla divina Maria Callas nella Medea, scritta e diretta da Pier Paolo Pasolini.
Ritratti di donne molto affini al sentimento di Maria Grazia Chiuri, che le raffigura in questa collezione in abiti di pizzo lavorato a maglia sottili, come se fossero sottile ragnatele, indossati da modelle che con passo lento, quasi sacrale, avanzano nel set up l’Artwork Not Her dell’artista Elena Bellantoni, avvolte nelle immagini sessiste della pubblicità della seconda parte del Novecento, che mette a nudo gli stereotipi che albergano ancora, con convinzione, nella cultura odierna.
Una collezione che si può qualificare come un rapporto antitetico della moda, dove ogni paradigma viene rovesciato come fece il fondatore Monsieur Christian Dior partendo da una acuta osservazione del guardaroba maschile per prima con la giacca che divenne la iconica Bar e in seguito con la camicia che si trasformò in abiti chemisier.
Oggi nella collezione di Maria Grazia Chiuri, la Bar è apparsa in una versione contemporanea dove la vita è allentata e sfilata sull’orlo, mentre la convenzionale gonna a ruota plissettata New Look, posta in abbinamento è stata sconvolta da spacchi evidenti sulle gambe.
Un tassello in più della sua narrazione dedicata alla consapevolezza femminile che si esplicita anche nella scollatura asimmetrica, con una spalla scoperta che si rifà ad un abito del 1948 chiamato “Abandon”, che poi si è sviluppata anche nelle camicie e negli abiti.
Forma e metafora diventano una lettura importante per la scelta dei tessuti, che assumono una forte valenza astratta della memoria del tempo quando si applicano lacerazioni e strappi che rimandano alla tecnica pittorica di Alberto Burri dove la pittura non è a finzione della realtà, ma la realtà che porta a fingere la pittura.
Una affascinante energia che Maria Grazia Chiuri esprime in un happening collettivo, che restituisce l’idea del rapporto corpo/abito, ossia del significato che attribuiamo alla parte di noi, che vogliamo mettere in relazione con gli altri individui.
Di Alberto Corrado