Maximilian Davis crea una collezione pura, sincera ed onesta, con una chiara identità che la rendesse riconoscibile e al tempo stesso affascinante al tatto.
Maximilian Davis lungo il percorso del suo incarico da direttore artistico da Ferragamo, non ha avuto paura di cambiare elementi in modo saggio, per poi intraprendere una nuova destinazione, come si è vista ieri, dove ha esplorato i codici della Maison, infondendo la sua estetica distintiva.
Il suo è un dialogo continuo tra equilibrio e tensione verso quella visione fluida organica fatta da contrasti e paralleli, tra i codici italiani e quelli caraibici, essendo di origine trinidadiane, ma nato a Manchester e laureato alla London College of Fashion.
“Ho voluto che ogni elemento sembrasse molto più leggero, non solo per i tessuti e le costruzioni, ma anche per la corrispondenza con il modo in cui le persone vogliono realmente vestirsi“, spiega Maximilian Davis in backstage prima dello show “C’è un sentimento di familiarità che riconosco nel modo di vestire e di vivere italiano: una naturalezza molto vicina allo spirito caraibico. È l’idea di poter seguire sempre il proprio ritmo, e il proprio tempo”.
Così l’interazione sovversiva tra compostezza e libertà è stata analizzata tra le varie ispirazioni e riportata attraverso tutta la collezione SS 2024: dal marmo italiano alla materialità mista dell’Arte Povera, movimento artistico sorto nella seconda metà degli anni sessanta del Novecento, fino all’arte complessa di Agostino Brunias pittore italiano, attivo principalmente nelle Indie Occidentali, che raffigurò le varie famiglie di piantatori e le loro piantagioni, ma spesso persone libere di colore.
Il lavoro rivoluzionario effettuato da Agostino Brunias nei suoi dipinti, viene elogiato da Maximilian Davis attraverso i lini e i cotoni semplici che sono abbinati con eleganza e rigore, per esercitare quel senso romantico e quel vissuto sartoriale emanato da look con un attitude disinvolta e spensierata.
La forza sottile della continuazione con le altre su collezioni è stata esposta attraverso gli abiti asimmetrici dalla vita acuta, che deviano verso una dimensione più fluida, ereditate dall’Heritage fiorentino e dai i capi sartoriali da uomo influenzati dal loungwear, come se fossero indossati in tutta velocità dai modelli per uscire sulla passarella.
Il sentimento delle linee grafiche e i profili geometrici, che richiamano l’impronta estetica di Maximilian Davis, che è ricorso alla maestria degli atelier di Ferragamo, sono stati particolarmente evidenti nelle forme delle calzature in nappa latex e gaucho lak. Così come il modello “Calipso” d’archivio di Salvatore Ferragamo del 1955 a cui si è ispirato lo ha portato a creare il tacco-gabbia a banana stampato in 3D, impreziosito con una finitura oro, che si accostava al tacco curvilineo di un platform della scorsa collezione, qui in versione corno, come base per un sandalo scintillante e un per un modello con cinturino arricchito con perle e pietre naturali.
“Ho voluto riscoprire e reiterare i codici esplorati nelle collezioni precedenti” spiega Maximilian Davis “E il feticismo è insito nel DNA del mio lavoro” e aggiunge “C’è qualcosa di molto moderno nel volerlo incorporare nella vita e nel guardaroba di tutti i giorni”.
Questa sua affermazione è diventato un lessico maschile per le oxford, le driver e i mocassini, decostruite o rifinite con inserti a contrasto in latex, per una nuova elaborazione del classico.
Invece il tocco toscano di Ferragamo nel generare elegante lussuosità, come mai squisitamente esibito, è stato esibito nella borsa Hug che diventa una pouch luminosa in un arcobaleno di tonalità sature, proposta anche in canvas e pelle. Così a seguire la lussuosa borsa Fiamma appare con una nuova caratteristica, quella di una patta che distorce le simmetrie e da una chiusura ispirata a un accendino dell’archivio Ferragamo.
L’essenza discreta è apparsa anche nel modello Star che completava i look da uomo, dove la costruzione meticolosa e l’assenza dei dettagli metallici, la trasformava in una forma più morbida e leggera.
Di Alberto Corrado