A Casa Museo Boschi di Stefano, Milano, le opere raccolte da Francesco Di Stefano e quella della figlia Marieda condivisa con il marito Antonio Boschi, dialogano attorno al tema del racconto, per far luce su un secolo d’arte.
I bow-window sono trafitti da fili di luce. Come colonne lunari di una chiesa gotica. Nella sala della scuola di Parigi, già soggiorno, accanto alla Scuola dei Gladiatori di De Chirico campeggia il pianoforte Bechstein, uno degli arredi originali di casa, dando al visitatore una pura emozione.
Nei codici di Casa Museo Boschi Di Stefano, in via Jan al 15 a Milano, appena dietro una delle più note vie milanesi, il rigore geometrico di Piero Portaluppi si fa complice di una sensualità epidermica e di un calore cromatico, con una semplicità sconcertante.
E qui che inizia il viaggio della imponente costruzione di quattro piani, commissionata come abitazione dalla famiglia Di Stefano e dalla famiglia Radici, che realizza l’edificio che occupa il quadrante d’angolo dell’isolato.
Salendo lo scalone che unisce tra loro i vari piani del palazzo, pare ancora sentire le voci della casa uscire, per poi varcare la soglia dell’appartamento del secondo piano, oggi adibito a museo, e si incontrano in una ordinata successione cronologica autori e opere da manuale di storia dell’arte del Novecento a Milano.
Fin dalla prima stanza che accoglie i visitatori, insieme i ritratti di Brindisi e da soli in quelli di Ajmone e Dova, Ledda e Monti, si gioca sulle innumerevoli connessioni culturali e storiche che il percorso della collezione intreccia: dal periodo tra le due guerre, le leggi razziali e l’opposizione al regime al secondo conflitto mondiale e i nuovi linguaggi che arrivano dall’Europa.
Un invito alla contemplazione, che affonda nel rigore formale del Novecento, che si amplia, nelle diverse declinazioni di genere, nei lavori di Borra, Carrà, Casorati, Funi, Marussing, Montanari, Oppi, Tozzi, fino a dispiegarsi nelle scelte poetiche di Martini e Sironi, fino agli artisti della “scuola di Parigi”, Campigli , de Chirico, Savinio, passando attraverso la reazione politica del gruppo di Corrente che trova in Badodi, Birolli, Cassinari, Guttuso e Sassu l’espressione della avanguardia italiana liberata da ogni formalismo e risolta nel segno e nel colore.
In questo appartamento borghese non è mancata nemmeno la rivoluzione del movimento studentesco del sessantotto, da leggere tra le pagine colorate dei dipinti di Rumney, appesi nel bagno padronale.
Una testimonianza primaria della vita artistica italiana che celebra una “promenade della passione per l’arte” frutto di Francesco Di Stefano e quella della figlia Marieda condivisa con il marito Antonio Boschi, e soprattutto della dedizione degli eredi Francesco e Alessandro Mendini, nipoti di Marieda, che hanno fortemente voluto il museo.
Fin dalla prima sala, aleggia un respiro, una sospensione del tempo cronologico e dagli eccessi visivi da cui siamo travolti. Dalla epifania della luce come materia si giunge all’approccio empatico del posizionamento delle opere su un doppio piano di valori, quello del tempo e quello sovratemporale, facendo di esse trasmettitori di emozioni, che va oltre la breve vita del loro artefice e di quella del collezionista. Antonio Boschi sopravvive alla moglie per un ventennio ma vuole rimanere legato a lei nel ricordo. Vuole eternare la loro vita in questa collezione e con essa la memoria di Marieda, che fu con lui autrice e imprenditrice di ogni singola scelta.
Una necessità ciclica guidata dal piacere del fare e del collezionare, che riannoda quel dialogo dell’interesse del bello suscitato anche da una molteplicità di relazioni con gli artisti.
Nel 1973 la decisione di donare alla città di Milano, dopo la morte di Marieda, avvenuta nel 1968, da parte di Antonio chiedendo chiaramente all’Amministrazione comunale di perpetuare la loro comune passione per l’arte.
La scorsa settimana l’Assessore alla Cultura Tommaso Sacchi ha presieduto alla riapertura al pubblico della Casa Museo, dopo i lavori di manutenzione straordinaria che hanno apportato un sistema di climatizzazione degli interni e un accesso per i disabili.
La Casa Museo resterà aperta tutta l’estate, come di consueto gratuitamente dal martedì alla domenica dalle 10 alle 17.30 (con ultimo ingresso alle 17). Chiusa il lunedì e il 15 agosto. www.casamuseoboschidistefano.it
Di Alberto Corrado