Uno dei temi cruciali dell’opera “Grande terra Sommersa” di Alessandro De Roma edito per Fandango Libri è il tema del disagio esistenziale. Lui stesso lo sperimentò sulla sua pelle. Oggi lo condivide con noi in un romanzo di formazione.
“Aver conosciuto la felicità piena e non poterla mai più avere, quella era la mia condanna.”
Alessandro De Roma, Grande Terra Sommersa.
Persino l’Ulisse di James Joyce è meno sconcertante di “Grande Terra Sommersa” di Alessandro De Roma, pubblicato da Fandango Libri.
Vorrei raccontare piuttosto di una sera in cui ho deciso di sedermi ad un caffè, in un tardo pomeriggio, e uscivo dalla libreria con questo libro di Alessandro De Roma, che ancora mancava alla mia collezione, un romanzo di formazione.
L’opera, forse la più nota e importante dell’autore sardo, è stata redatta attraverso la tecnica del flusso di coscienza, con una certa musicalità grazie al rapporto con la natura.
Un’opera che ha diviso anche molto la critica: c’è chi l’ha ritenuta una dimostrazione che l’uomo non può stare solo e chi l’aspramente criticata per quella disperata prospettiva di un lutto perenne da elaborare e della morte che, prima o poi, arriverà.
Ricordo, che dopo aver sorseggiato il mio caffè, mi sono quasi tuffato nel romanzo, tale che le lancette delle ore fluirono veloci, così da farmi arrivare all’imbrunire, senza accorgermi di quanto tempo ero assorto. Un bellissimo viaggio tra un gioco di equilibri tra il nascondersi e il mostrarsi.
Bastano pochi dettagli per capire che Alessandro De Roma ha scritto forse il romanzo più bello, che inizia con un lutto, ma anche un cammino verso la luce, dove si aggrappano personaggi cui non sanno mai gestire le implicazioni della vita. Continuano a fare scelte che non risolvono i loro problemi, ma semmai ne creano sempre di nuovi e tuttavia nel frattempo vivono, sperano. Un modo per mostrare agli altri e soprattutto a sé stessi che sono capaci ancora di amare la vita.
La rinascita è uno dei temi cruciali nella letteratura dello scrittore di Carbonia, per quanto sua stessa ammissione, egli non è convinto soprattutto quando a questa parola si accompagna la parola letteratura. Preciso: anche se una si affatica per non uscire dal proprio comfort zone, la rinascita è sempre presente fin dall’inizio di un lutto o dolore.
La nostalgia e isolamento della sua terra sono questioni ineludibili nella letteratura di Alessandro De Roma, seguace di Archiloco, accompagnate dal viaggio, la distinzione tra casualità e casualità del male, le coincidenze, quei momenti in cui, a dispetto delle apparenze, sempre un ritratto di un personaggio dell’Ulisse di James Joyce.
Dimentichiamo le peripezie di Pietro Stefani Mele, protagonista quindicenne del romanzo, e le sue grandi terre sommerse che proiettano con la sua fantasia, per amare delle persone con tutte le loro debolezze.
Il romanzo di una grande voce letteraria italiana, ci porta a riflettere sulla gioia, sul desiderio sessuale e sul tema femminile e sulla figura della donna insondabile, ma capace di accogliere. Leggiamo questa opera perché ci renderà più capaci di amare ed essere pronti a superare un lutto o un dolore.
Di Alberto Corrado