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Guido Conti Caponi, nuovo Ceo della Maison Loretta Caponi, assieme alla mamma Lucia, insieme celebrano la magia di un marchio storico. E la loro capacità di produrre bellezza senza tempo, che vive di atmosfere intime e di abiti che raccontano la forza e la delicatezza della donna.

“La vita le si esauriva nel ricamo del sudario. Si sarebbe detto che ricamava durante il giorno per disfare il lavoro di notte, e non con la speranza di sconfiggere in quel modo la solitudine, ma tutto al contrario, per sostenerla. “

Gabriel García Márquez, Cent’anni di solitudine

GUIDO CONTI CAPONI

La durevolezza non è uno degli attributi più ovvi del bello” diceva Susan Sontang, scrittrice e saggista, che indagava le trasposizioni culturali che nel corso del tempo hanno moltiplicato il concetto di bellezza, vanificando al suo interno l’inestricabilità di estetico.

Di certo la bellezza è stata documentata dalle forme artistiche sia nel campo delle arti visive che in quello della parola. Le sue rappresentazioni hanno orientato un ricco patrimonio narrativo su i modi di percepirla e di consumarla, come anche di reincarnarla più volte, nel corso del tempo.

Uno degli snodi visivi, che più significativamente ha consegnato la nozione di bellezza alla nostra sensibilità contemporanea è quella del valore di Loretta Caponi, una donna che ha anticipato negli anni Cinquanta e aprendo la sua prima boutique aperta nel 1967 a Borgo Ognissanti, a Firenze, quella nozione di stile creando un marchio, ancora oggi riconosciuto come bellezza senza tempo.

Dopo aver iniziato a ricamare all’età di nove anni e aver consegnato il suo primo lavoro su commissione a quattordici anni, l’obiettivo di Loretta era quello di celebrare l’arte del ricamo.

Partendo dalle numerose tecniche utilizzate, come quella del punto “catenella” che rimane, ancora oggi l’elemento identificativo del marchio, per quel patrimonio creativo che viene plasmato   attraverso un centinaio di fili colorati che si fondono per elaborare tovaglie ricamate o set da letto.

Un’altra delle tecniche di ricamo adottate dal marchio è lo smock cucito a mano, divenuto un successo con il lancio della collezione prêt-à-porter nel 2019. Basti pensare, che per questo tessuto è necessario un giorno intero e vi sono solo poche donne all’interno del team di Loretta Caponi che sono in grado di farlo. In quanto si tratta di un lavoro stirato, e intorno alla scollatura- una tecnica speciale e non semplicemente in linea retta, per poi procedere con un altro giorno nell’ultimare il capo. Un riscatto simbolico della moda, che sente il passato con tutti i sensi della sfera dell’estetica della bellezza e contemporaneamente porta su ogni creazione un segnale segreto del futuro che è quello che unisce moda e artigianato.

Loretta Caponi _ embroidered underlays

Sulla scia di questi pensieri mi piace narrare che ancora oggi il marchio continua a impiegare le generazioni più anziane, e non solo per mantenere in vita un lavoro sviluppato nell’800, ma anche per offrire opportunità di lavoro a una popolazione di artigiani in via di estinzione, che possono fare da coach alle nuove sarte.

Questo ci fa rendere conto d’improvviso che questo è la vera bellezza, capace di andare oltre le barriere spazio temporali, per racchiudere in sé una sorta di energia che sovverte qualsiasi preconcetto della durevolezza.

 Gli ideali di bellezza del passato sono stati preservati da Lucia, figlia di Loretta, che ha sostenuto il lavoro della madre per oltre 30 anni e che vede proprio quest’anno l’ingresso di una nuova generazione, rappresentata dal figlio Guido Conti Caponi, che porta con sé una nuova visione di crescita del marchio.

Per oltre cinquant’anni Loretta Caponi ha realizzato biancheria e abbigliamento da camera per case eleganti, panfili e aerei privati di gran parte dei più importanti industriali e magnati mondiali come i Rockefeller, i Rothschild, i Kennedy, i Getty e, al tempo stesso, per la maggior parte delle case reali: i Windsor, gli Orange Nassau, i Borbone, i Liegi.

Uno scrigno di eleganza al cui interno è costudita la ricetta perfetta della perpetua magia, mai copiata. Ne abbiamo parlato con Guido Caponi che ci permette di entrare in contatto di quel sapere fare italiano che ha contraddistinto e reso celebre il marchio, nel mondo.

Loretta Caponi _ Atelier

Non avverte mai il peso di tutta la vostra storia?

Certamente. Ne avverto anche il privilegio, quello di un bambino che ha avuto la fortuna di crescere in un ambiente estremamente stimolante, predisposto alla curiosità, circondato dalla bellezza e da punti di vista mai banali. Ciò che avverto della nostra storia è soprattutto uno slancio e un’apertura verso il futuro, una risorsa.

Quale la grande fatica di questi tempi di far passare una storia come la vostra?

La continua ricerca dell’unicità, del prodotto e della nostra immagine e della diversità dalle mode dettate dal mercato.

Voi però siete amati da molte persone in Italia e all’Estero? Quale è la chiave di questo successo?

Dovreste chiederlo ai nostri straordinari e amati clienti. Da parte nostra, ci teniamo a fornire dei servizi senza tempo come il su misura, il bespoke e la riparazione come semplice cura del prodotto. Abbiamo una filosofia per la quale la qualità, la ricerca dell’unicità del dettaglio o del prodotto, insieme alla loro durevolezza, sono elementi imprescindibili. Infine, ma non per inferiore importanza, credo che la chiave possa essere l’approccio al colore e alla fantasia, senza limiti formali se non di equilibrio estetico.

L’artigianato a mano e i vecchi telai hanno ancora una certa magia?

Infinita. Per questo lavoriamo ogni giorno per far conoscere al mondo e tramandare la nostra arte che affonda le sue radici nella storia di questa meravigliosa regione che è la Toscana e in tutto il nostro straordinario Paese.

Lo standard di oggi è lo stesso di quando nel 1967 era stato aperto l’atelier da Loretta Caponi?

Mia madre ed io lavoriamo ogni giorno per tenere alto lo standard qualitativo. Probabilmente oggi è ancora più alto, perché la nostra indole è quella di migliorarsi sempre, di sorprendere in positivo la nostra clientela, storica o più recente.

Quali tessuti usati ancora per la produzione e quali si consumano di più quando si fa tutto su misura?

Per la produzione usiamo soprattutto cotoni e viscose per il ready to wear, sete, voile di cotone e lino per la lingerie. Per il su misura, lino, seta e cashmere sono i più richiesti.

C’è una diversa percezione del colore e della scelta del ricamo dagli esordi e adesso con la richiesta della nuova clientela?

A quanto pare, c’era più libertà nella scelta dei temi da ricamare così come nell’uso del colore. Oggi, l’approccio del cliente è inizialmente più cauto, per poi lasciarsi andare maggiormente con fiducia e fantasia dal secondo ordine in poi.

Loretta Caponi _ Atelier

Quanto conta la cultura del singolo cliente per affrontare una richiesta su misura?

Può contare moltissimo, così come niente, perché tanto dipende dalla sensibilità del cliente e soprattutto dalla nostra capacità di farlo sognare.

Un aneddoto?

Una cliente americana, ex giocatrice professionista di tennis, nello scegliere delle tovaglie per la propria casa di Londra chiese consiglio per una tovaglia per una cena per la finale di Wimbledon. Mia madre gliela descrisse dicendole che nella caduta ci sarebbero stati tutti fili d’erba di varie tonalità di verde (un alto prato come visto da una formica) e delle palline da tennis sparse nel prato. Sul piano del tavolo, ai due capo tavola, due racchette da tennis incrociate di legno con delle palline da un capo all’altro, come se stessero palleggiando. Mia madre lo spiegò velocemente, in cinque minuti, e la cliente rimase affascinata dall’idea; appena vista la tavola rimase più che felice. Da allora in poi, ogni volta che deve fare qualcosa di speciale, la cliente ci scrive e realizziamo per lei tovaglie, sottopiatti e lenzuola per le varie occasioni. La stessa cliente, cercando una tovaglia molto particolare per una cena la sera stessa, si recò nel negozio più prestigioso della città in cui vive in California. Descrisse che tipo di tovaglia avrebbe voluto e la responsabile del negozio le disse che questo tipo di tovaglie le avrebbe potute trovare solo in Italia, nello specifico a Firenze, da Loretta Caponi. La cliente rise e ci scrisse per raccontarci dell’accaduto.

Collaborate ancora con il mondo del cinema e del teatro?

Si, abbiamo ancora il piacere e la fortuna di lavorare talvolta addirittura per alcune produzioni cinematografiche, ma anche ovviamente per alcune attrici e attori, soprattutto americani.

Un sogno a lungo termine e quello a medio termine, che desidera raggiungere per questo suo grande amore verso questa azienda?

I miei due sogni possono essere entrambi a lungo o a medio termine a dire il vero. Il primo e più importante sarebbe quello di continuare vedere la nostra bottega in fermento, con tutti volti giovani, persone appassionate al nostro mestiere e felici di creare con le proprie mani e di essere le paladine di quest’arte che non vogliamo che scompaia.

Ho la fortuna di poter dire che a breve realizzeremo quello che era uno dei miei sogni od obiettivi quando studiavo all’università: l’apertura di uno shop in shop da Harrods. Quindi, a questo punto, Il secondo sogno è l’apertura di un primo monomarca negli USA.

Di Alberto Corrado