In conversazione con Benjamin Lacombe, persona libera, sensibile e profonda, attenta alle tematiche attuali, giustamente fiera del fatto che la sua arte contribuisca alla divulgazione della cultura.
能ある鷹は爪を隠す
Nou aru taka ha tsume wo kakusu.
Il falcone capace nasconde le sue unghie.
Proverbio giapponese
“Saa, hajimari hamjiamari” come dicono in Giappone. Coraggio facciamo posto allo spettacolo. Gli esseri e le creature fantastiche esistono dovunque, attraverso le epoche, le culture e i luoghi.
Un viaggio oscuro che sono stato oggetto di timore, ma anche di curiosità, come testimonia la loro onnipresenza nelle tradizioni letterarie e pittoriche, scritte od orali fino ai giorni nostri. E da questo punto di vista il Giappone è particolarmente provvisto, tanto che le sue arti visive traboccano di esseri favolosi.
È questo carattere della cultura giapponese del fantastico ha sedotto Beniamin Lacombe, uno dei rappresentanti più significativi della nuova illustrazione francese.
Nato a Parigi il 12 luglio 1982, entra nel 2001 all’’École nationale supérieure des Arts Décoratifs ( ENSAD), dove frequenta corsi d’arte. Parallelamente lavora in pubblicità e nell’animazione, tale da portarlo a firmare a soli diciannove anni il suo primo fumetto. Nel frattempo si laurea con un progetto dal titolo “Cerise Griotte” storia di una bimba chiamata Cerise, che vive da sola con suo padre, che lavora in un canile, e Griotte, Shar Pei abbandonato, da lui interamente scritto e illustrato.
Una trama che evoca teneramente la solitudine, la differenza e l’amicizia che diventa subito un libro per ragazzi, pubblicato nella collana Jeunesse della casa editrice Seuil nel marzo 2006. L’anno successivo il volume esce presso Walker Books (USA) e viene selezionato dal prestigioso settimanale Time Magazine come uno dei dieci migliori libri per ragazzi del 2007, negli Stati Uniti.
Da allora Benjamin Lacombe ha scritto numerose opere e i suoi lavori sono esposti regolarmente in gallerie d’arte e in particolare lavora con Ad Hoc Art di New York, Dorothy Circus di Roma, Maruzen di Tokyo, Nucleus di Los Angeles e la Galerie Daniel Maghen di Parigi.
La tecnica usata da Benjamin Lacombe è il guazzo su carta, un procedimento che rende la pittura più brillante, difatti nei suoi disegni trionfa il colore, ed una densità cromatica che ricorda i dipinti dei Preraffaeliti.
I suoi personaggi sono creature che ci trasportano in un mondo colorato e onirico, e nei casi di testi dedicati al Giappone, ci conducono nel vortice della meraviglia e dell’incanto. Come i termini generici più antichi yōkai, creature soprannaturali della mitologia giapponese, o Obake ( お 化 け) e bakemono ( 化 け 物 ), Henge (変化) i mutaforma, che si rifanno tutti a questa idea di metamorfosi, sotto le dita di Benjamin si materializzano attraverso un disegno a pieno titolo. Insomma una sliding door immaginabile da parte di un autore eccellente che ha ottenuto grandissimo successo, diventando una vera e propria pietra miliare dell’illustrazione mondiale.
Per questo abbiamo cercato di incontrarlo, e capire l’idea che anima il suo lavoro, e la sua abilità interpretativa del disegnatore, che si fonde con il testo letterario. Certamente senza l’aiuto di Sébastien Le Noel editore di L’Ippocampo, casa editrice indipendente, specializzata in volumi dall’altissima qualità grafica e da una impaginazione molto curata, che quest’anno festeggia il suo ventesimo anniversario, abbiamo potuto incontrarlo.
Tutti i suoi libri sono sempre nelle parti alte delle classifiche, ci vuole spiegare la chiave del suo successo.
A dire il vero, non lo so e non è il mio obiettivo quando faccio un libro. Questa è una risposta vera. Il mio obiettivo è fare ogni volta il miglior libro possibile, e non fare lo stesso libro che ho creato precedentemente. È qualcosa di difficile come artista, perché non vuoi deludere nessuno. Devi sempre reinventarti quando fai un nuovo libro, il che è difficile, quando hai fatto molti libri. Ho quasi 50 libri fatti e non è facile trovare un nuovo inizio per creare una novità.
Come descriverebbe la sua arte e il suo lavoro.
Spero che la mia arte sia in qualche modo poetica e spero che lo sia anche con una sorta di profondità. Sto cercando di creare qualcosa, che crei emozioni allo spettatore e al lettore. Il mio obiettivo non è impressionare o “guarda cosa sono in grado di fare”: il punto è che quando leggi un libro con illustrazioni, il tipo di connessione tra il testo e l’illustrazione crea un’emozione unica e diversa. Per me è un viaggio, e questo deve esserlo anche per chi mi legge.
Che cosa ha imparato dai suoi studi artistici presso l’Ecole Nationale Superieure des Arts Decoratifs de Paris (ENSAD).
Che la tecnica è solo uno strumento e non è una sorta di scopo. La tecnica migliore che hai è quello simile a come parli e come ti esprimi. Più tecnica hai, più parole conosci. Puoi avere una tecnica molto semplice, ma questo ti permette di esprimere molte cose. Quando sei un giovane studente è una cosa che non capisci affatto: vuoi metterti in mostra e sei ossessionato dalla tecnica. Bisogna attraversare un lungo processo per poter capire al meglio questo concetto.
Ci può spiegare il suo esordio a soli diciannove anni del suo primo libro di fumetti e illustrazioni.
Era un po’ folle per essere vero. A quel tempo mostravo il mio lavoro solo per avere consigli e cercavo un editore interessato a me, ma all’epoca non avevo un progetto ben definito. Quindi ho dovuto pensare a come elaborare un’idea ed è così che ho avuto intuito di costruire una piccola storia su un fantasma giapponese. È molto divertente perché in quel libro, che è molto vecchio e non riesco nemmeno ad aprirlo ora, ci sono molti passaggi di quello che ho poi elaborato in seguito. Guardandolo dopo venti anni, penso che sia stato un libro informe, ma anche un lavoro molto puro, fatto con il cuore e la passione giovanile.
Che cosa le piace raccontare in ogni singolo libro di fumetti o di illustrazione.
Parecchie tematiche. Tutti i miei libri parlano di libertà, uguaglianza. Ora è una specie di mainstream, ma ho sempre esplorato la lotta per il patriarcato, con una sensibilità per l’emancipazione delle donne.Disegno sempre donne che non sono vittime, ma eroine. Vent’anni fa non era così comune disegnare e parlare di queste tematiche.
Chi sono i tuoi lettori. In che modo pensi che i tuoi libri possano aiutare a interagire con i tuoi lettori.
Ho i lettori che sono molto chiacchieroni, che interagiscono moltissimo con i social media, e molti lettori che vengono a tutte le mie presentazioni. E ci sono, anche, molti lettori che non vedo mai, ma che i librai mi dicono, che esistono. Tipologie di lettori molto diverse, ma molte donne, che hanno un’età minima compresa tra 14-15 e 65 anni.
Ti sei mai chiesto qual è il significato nascosto dietro la creatività. Ti sembra mai di vivere in un mondo fantastico.
È molto misterioso come funziona la creatività. È diverso da ognuno di noi. È impossibile fare una ricetta, su come essere creativi. Ci sono alcune persone che hanno bisogno di alcuni rituali. Altre persone hanno bisogno di un posto speciale. Io ho sempre un milione di idee ogni giorno. Non so come funzioni, per essere sincero. Creo e mi piace farlo. La maggior parte delle persone, mi dice che lavoro troppo, ma, a me piace farlo! Amo lavorare sui libri, raccontare storie, creare mostre o semplicemente creare. Questo è un momento gioioso per me, perché so di creare qualcosa, che mi fa felice. Specialmente quando vedo che i miei pensieri si tramutano in disegni. E tutto questo è emozionante.
Le tue opere sono state esposte nelle principali gallerie del mondo. Come ti fa sentire.
Mi piace poter mostrare il mio lavoro ad un pubblico eterogeneo. Ogni paese è diverso nel modo in cui percepiscono il mio lavoro, come lo sentono emotivamente. Sono veramente felice di tutto ciò. Mi piacerebbe fare ancora di più, magari più eventi in molti posti diversi, perché penso che ciò che provi di fronte all’arte originale sia completamente diverso dall’interazione con un libro o una riproduzione davanti ai tuoi lettori. Sono grato di poter mostrare alla gente, quello che la mia mente ha partorito.
Qual è il tuo prossimo obiettivo.
Ho un obiettivo che mi piace molto in questo momento: finire il libro “Donne samurai”. E non è mai facile finire un libro. Hai così tanti dubbi, così tante cose, che vuoi fare in modo diverso. Non hai mai abbastanza tempo, e quando ne hai tanto, di solito lo sprechi pensando a possibili dubbi. È vero. Quando la data è troppo lontana, perdi tempo. Quando non hai più tempo, devi essere efficiente e trovare la soluzione che non avresti, mai trovato, se non fossi stato sotto pressione. Ma allo stesso tempo, finire un libro non è così facile e piacevole, forse posso ammettere che è un po’ stressante. Questo è il mio obiettivo nel breve periodo, e nel lungo periodo pensare alla mia nuova mostra a Tenoha-Milano, basata su questa nuova pubblicazione.
di Alberto Corrado