A nove anni dalla scomparsa del grande giornalista e storico inglese Peter Hopkirk esce per Edizione Settecolori il suo testamento letterario “Sulle Tracce di Kim”. Un dialogo sulla storia del Grande Gioco attraverso gli scritti e le immagini evocate dal capolavoro di Rudyard Kipling, risvegliando il nostro daimon.
A nove anni dalla morte di Peter Hopkirk l’unica cosa che c’è da augurarsi è che la sua proposta di mettere ordine sul Grande Gioco nell’Asia Centrale non venga dimenticata.
Mettere in ordine e in discussione non significa rifiutare il Grande Gioco, ma sottrarre all’oblio il suo testamento letterario, il suggello e insieme la ricapitolazione di una vocazione, nonché uno dei più commoventi omaggi che è dato incontrare, testimonianza di quanto i libri possano letteralmente cambiarti la prospettiva di un argomento.
Uno sguardo analitico sul torneo delle ombre che definisce il conflitto, caratterizzato dall’attività delle diplomazie e dei servizi segreti, che contrappose Regno Unito e Russia in Medio Oriente e Asia centrale nel corso di tutto il XIX secolo. Il termine è attribuito ad un ufficiale dell’esercito britannico, Arthur Conolly, che lo utilizzo per primo nel 1829, ma il suo uso fu reso popolare dal romanzo Kim del 1901 dal vincitore del Premio Nobel Rudyard Kipling.
Negli anni 2000 l’uso di questo termine è ritornato in voga in Occidente per identificare le attività degli Stati Uniti e della Russia per il controllo dell’Asia centrale, dalle repubbliche dell’ex Unione Sovietica fino ad Afghanistan e Pakistan, tale da essere ribattezzato “Il Nuovo Grande Gioco”.
Vale la pena, dunque leggere “Sulle tracce di Kim” di Peter Hopkirk edito da Edizione Settecolori per capire una pietra miliare estetica sulla strada che porta all’indipendenza dell’India. E anche dei nuovi imperialismi che vanno imponendosi come la Cina, vecchi imperialismi che sono in fase di restyling come gli Stati Uniti, o altri come la Russia e la Turchia che agitano le acque geopolitiche.
Perciò la strada da seguire è quella di realizzare attraverso la lettura il proprio daimon, che ciascuno di noi riceve come compagno di vita, secondo il mito di Er narrato da Platone, anche se ciò che ci suggerisce può sembrare irragionevole, o addirittura fuori dalla realtà.
Il daimon è la nostra vocazione ci induce a rivelare quella incredibile esplorazione nel cuore segreto del suo autore, non più e non solo testamento storico letterario, ma bilancio esistenziale di un uomo del Novecento che non si discosta da quello pensoso degli anni Duemila.
E quando sei riuscito a seguirlo attraverso le linee di lettura, riesci a conoscere la misura delle cose per poter analizzare e pensare dove talvolta i politici sbagliano e portano alla rovina. Oggi le nostre vite sono spiegate in base alla genetica e all’ambiente, trascurando il nostro daimon, che è ciò che propriamente noi siamo e dove forse è custodito il nostro segreto per cui siamo nati con un’intelligenza. C’è sempre qualcosa in noi che rifiuta di pensare che tutto quello che succede davanti ai nostri occhi possa apparire una follia di una sola persona. Solo scoprendo una lettura come quella di Peter Hopkirk riusciamo a svegliare il nostro daimon e possiamo riconoscere quello che abbiamo sotto i nostri occhi e svelare le contraffazioni strategiche del Grande Gioco.
Un libro che offre la possibilità di un raccoglimento interiore e di una presa di coscienza sociale e politica moderna e le sue produzioni di immagini espansionistiche. Ed è proprio questo svelare ai nostri occhi ci pone ad ascoltare meglio il nostro daimon e risolvere la radice profonda di quel disagio esistenziale che stiamo vivendo.
di Alberto Corrado