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Come è mai consuetudine, lo spettacolo della presentazione della collezione Giorgio Armani si è tenuta nel palazzo di Armani a via Borgonuovo 21.

Una sala di sole 200 posti che predispone ad ammirare solo i vestiti visti da vicino in maniera perfetta, come se fossero dei quadri di esposizione.

Il titolo di questa collezione è intitolata Cipria, che si riferisce al quel rituale femminile personale di cura di sé e di abbellimento del proprio viso.

Un momento intimo di ogni donna che è diventato apertura dello show, quando le luci si sono alzate ed hanno illuminato tre modelle sedute e in piedi su una panca nell’intento di chiacchierare come se fossero dentro uno spazio femminile per rinfrescarsi e rifarsi il trucco.

E il guardaroba, composto da 74 look, accompagna questa idea di soave domesticità è fluido e prezioso: abiti setosi come pigiami, scialli avvolgenti, pantaloni morbidi, pullover, giacche allungate e lunghi abiti.

Vi erano molti ingredienti e codici chiave dell’estetica armaniana che presentavano gruppi di look interconnessi che sembravano spesso essere indicati dalla scelta dei gioielli, più precisamente dall’orecchino.

Due sono i motivi decorativi che erano presenti in questa collezione: un fiore stilizzato, sintesi di grazia, delicatezza e discrezione e il racconto delle modulazioni di lucido e opaco che richiamavano le stesse linee del colore del marmo del set.

Altro punto focale è la sperimentazione determinata dalle lavorazioni delle pellicce ecologiche con intarsi di strisce di seta, sciarpe e baschi bordati da frange di perline danzanti, quasi a disegnare luminose acconciature, per conferire allure e mistero.

I pezzi sartoriali sono stati influenzati dalle forme asiatiche, altro punto di riferimento dello stile Armani, da decenni.

Tutto molto calmo, tutto molto rassicurante perché la moda di Armani non sembra mai creare confusione anzi è espressione di un linguaggio femminile fuori dai riflettori. Una riscoperta di una propria intimità proprio come quando ci si alza da un momento socialitè e ci si mette in disparte per incipriarsi il viso.

di Alberto Corrado