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Ironica, leggera, intelligente, Marina Cuollo racconta, tra esempi quotidiani e filosofia, lo stato d’animo più diffuso della nostra epoca. Essere indipendenti.

“La rivelazione vera, per me, è stata capire che non mi serviva nessun+1 al mio fianco per sentirmi realizzata. In pratica che non ho mai avuto bisogno di cercare la famosa metà della mela.”

Marina Cuollo

Che fatica stare al mondo quando si è disabili, stare al passo con il mondo, al passo con le ansie e i desideri del mondo, al passo col passo sgangherato a due ruote di questo incoerente mondo.

Che fatica prendere sul serio una relazione, una cosa tanto stravagante da attribuire alle persone disabili. E che bellezza da parte loro nel rivelare che questo sia pura normalità, dando la possibilità a tutti di capire che l’amore e amore per tutti quelli che vivono su questa terra. L’amore che ci fa brillare gli occhi come stelle o ci fa piangere con le lacrime, a secondo le azioni che intraprendiamo.

Di Marina Cuollo sappiamo che sa farci ridere, e che sa spiegarci il nonsenso pieno di senso che è la famiglia, una nave rompi-ghiaccio che sulle fiancate porta le scialuppe, che si chiamano figli. E pazienza se talvolta la prua s’incaglia, ma, certamente la sua palese inerzia è solo una pausa della prossima spinta propulsiva per sollevarsi al di sopra del ghiaccio con tutto il suo peso, per continuare la rotta.

Ora, dopo aver letto Viola edito da Fandango Libri sappiamo che l’autrice è anche una filosofa, che compie un’operazione semplicissima, e anche molto difficile: raccontare la storia di una donna che impara a stare attenta nell’esprimere i desideri e nel cercare di essere simile agli altri che vivono questa nostra società, ma è un racconto  dei suoi stati d’animo più reconditi, che devono essere celati ad una società autoreferenziale.

MARINA CUOLLO

Marina Cuollo scrive un romcom che rompe gli schemi della nostra stanchezza e di quello che ci strema in questa contemporaneità ansiogena, portando a galla gli ingredienti classici della vita: amore, sesso e amicizia. Miscelati tutti in un cocktail di pura ironia.

La casa di famiglia che diventa un ristorante, dove si servono pasti conditi con le innumerevoli discussioni tra moglie e marito alle prese con i figli, che tentano di essere adulti. Il lavoro come seconda fatica di Viola, protagonista del romanzo, che desidera essere imprenditrici di sé stessa, cercando di staccarsi da quella prestazione lavorativa che la rende una persona senza più tregua né passione, aumentando quella ansia sotterranea che mina la sua felicità quotidiana.

Un altro ingrediente, il sesso. Diciamo subito che Marina Cuollo ha scritto soprattutto un trattato di antiretorica, facendo il contropelo ai finti buoni sentimenti. La fatica della paura di non avere una relazione, e qui la Cuollo torna come formidabile umorista nel narrare l’odissea di Viola che ricerca un uomo giusto per la sua vita, per poi presentarlo alla società e soprattutto ai genitori, terrorizzati che la loro piccolina non possa avere una vita indipendente.

E che dire della felicità che è il morbo esistenziale degli “happyincondriaci” noi felici per forza, che si trasforma come un boomerang per eludere il pensiero che ci siamo impegnati abbastanza, o che siamo scarti della felicità.

Il viaggio di Viola procede nei gorghi della sua vita con i pesi, compromessi, protocolli e rivelazioni nel prendere a picconate le relazioni che si presentano per poter cercare una giusta risposta per essere consapevole che è la strada giusta per diventare adulti.

 Ed è qui che si leggono le pagine migliori di un trattato sulla fatica di far coincidere ciò che è, e ciò che vorremmo fosse.  Uno spaccato di vita che la stessa Marina Cuollo lo ha sperimentato sulla sua pelle: crescere per imparare ad essere cinica, spietata e simpaticissima.

di Alberto Corrado