Photo ©Gianni Dubbini Venier
Per Gianni Dubbini Venier, autore veneziano, viaggiare è la sostanza dello scrivere. Un taccuino di viaggio che conferma la bravura dello scrittore non solo come reporter, ma anche come narratore.
“Diversivo. Distrazione. Fantasia. Cambiamento di moda, di cibo, amore e paesaggio. Ne abbiamo bisogno come dell’aria che respiriamo. Senza cambiamento, corpo e cervello marciscono.”
Anatomia dell’Irrequietezza Bruce Chatwin
Non so come cominciare a parlarvi di questo mio incontro con Gianni Dubbini Venier. Il fatto è che il suo primo libro “L’avventuriero” con sottotitolo “Sulle tracce di Nicolò Manucci da Venezia allo stretto di Hormuz” edito da Neri Pozza è uno dei libri più venduti del genere letterario denominato odeporica (dal greco ὁδοιπορικός, da viaggio) quello che illustra le persone, gli eventi, e ciò che vede l’autore quando si trova in un paese straniero o luogo inconsueto.
Fin qui nulla di strano. Come Gianni Dubbini Venier sia un autore di varie pubblicazioni accademiche in italiano e in inglese e curatore di mostre fotografiche a Milano e Venezia sul viaggio di Manucci. Quello che Gianni Dubbini Venier ha messo in piedi partendo da una ricerca storica sulle tracce di Mannucci, dopo aver ricostruito le sue avventure negli archivi di mezza Europa, è una vasta comunità del sorriso e della leggerezza, fondata sull’avventura di un viaggio di formazione, attraverso le geografie culturali più complesse e affascinanti della nostra contemporaneità.
Il suo libro sdogana una lingua accattivante liberandola dai balbettii e innalzandola alla logica elementare del gioco linguistico di William Dalrymple, scrittore e storico scozzese e grande appassionato di letteratura di viaggio. I dialoghi sono frasi semplici, riverniciate da una prosa raffinata, con un tocco irrepetibile.
L’imprevedibilità di un taccuino di viaggio, oltretutto, usato in funzione dell’immagine fotografica di Angelica Kaufmann, sua compagna di viaggio nell’intraprendere l’itinerario sulla scia di Manucci.
Si apre così un ordito felice di un dialogo interiore, essendo stati compagni di università, che fa provare subito la voce simpatica dell’autore e riconoscere il suo stile, che è fantastico, portandoci nella dimensione appassionata della storia.
Un libro che fa volare il lettore sfidando le leggi delle paure dell’incognito tra bombe curde e autista di turno che percorre le strade polverose, per celebrare il senso dell’avventura, che non è altro una festa della vita.
Giustamente Gianni Dubbini Venier non si pone problemi nel riaccendere costantemente la storia, tra la ricerca storica erudita e le peripezie evocate dalle sognanti foto della Kaufmann.
In modo naturale come gli viene naturale raccontare di ciò davanti ai numerosi lettori che intervengono alle sue letture nelle varie librerie o eventi organizzati nel promuovere il libro.
Che cos’è il viaggio per Gianni Dubbini Venier? “Vita” mi risponde “non posso non viaggiare, sono sempre stato un irrequieto. Dagli studi di Storia all’Università Statale di Milano a specializzazione in Archeologia della Via della Seta e in Storia dell’Arte dell’Asia Meridionale alla School of Oriental and African Studies (SOAS), University of London.”
Racconta seduto nella sua casa di Venezia. E l’amore per la letteratura di viaggio come è nata “Ho capito leggendo William Dalrymple, Bruce Chatwin ma anche Tiziano Terzani, Goffredo Parise, Italo Calvino e Giovanni Comisso per concentrarmi sulla mia personalità, sui miei pensieri, sulle mie emozioni cercando un rovesciamento del mio punto vista di leggere io stesso il mondo, mettendomi e mettendolo in discussione. Una specie di pensiero incrociato tra passato e presente.”
E allora perché Manucci “Mi ha affascinato l’intraprendenza di un quattordicenne di origini modeste che nel 1653 s’imbarca clandestino verso l’Asia, venendo adottando al servizio di un visconte, Lord Bellemont, che lo porterà alla fine di un lungo viaggio attraverso l’Asia in India, dove diventerà medico e mediatore politico alla corte dei Moghul.” Un viaggio sentimentale che parte dalla tua stessa città di origine “Certamente la piattaforma d’inizio sono la mia educazione veneziana e i miei sogni giovanili, quando correvo al mercato di Rialto, luogo pieno di vita e ferventi attività dove annusavo il suo intenso profumo di mare, ascoltavo il dialetto dei venditori come magico effetto di riavvolgere la ruota del tempo, rinverdendo l’incanto di un lontano passato.”
E questo allora la sua ricerca attraverso manoscritti e libri di un’epoca d’oro per ritrovare connessioni con il mondo di oggi, adottando Manucci come prisma perfetto tra passato e futuro. È esplicito che la storia si riaccende costantemente tra la ricerca erudita e l’esperienza diretta di un mondo geograficamente vicino, ma solitamente narrato in maniera anomala negli spazi di cronaca dei quotidiani. La figura di Manucci è il personaggio perfetto per approfondire la Smirne di oggi, o la storia curda, armena o ancora di quello che noi stiamo vedendo sotto i nostri occhi della lotta delle donne iraniane per la loro libertà universale.”
Ma anche memoir appassionante “Questa è sempre stata la mia voce interiore che emerge sempre come quando ripercorro il piacere di rivedere il mio amico Iman a Isfahan, grande conoscitore e ammiratore della poesia islamica tale da saper recitare diverse quartine del Canzoniere di Hafez a memoria. La sua storia è un racconto meraviglioso di come terminato il servizio militare obbligatorio, e di come aveva iniziato a vendere libri come titoli alternativi in farsi e volumi inglesi proibiti alla censura. Poi con il denaro guadagnato comprò una motocicletta che gli consentì spostamenti più rapidi o anche fughe con i libri nel bauletto. Tra divertimento e delusioni riuscì a raggiungere il suo sogno di aprire una libreria nel centro della città, con un attestato ufficiale da parte del governo.”
Racconti, ricordi il diario di un lungo viaggio che si fa metafora di scoperta e di rivelazione leggendo dove l’avventura di Nicolò Manucci che per Gianni Dubbini Venier è l’unico modo per stare al mondo. Viaggiando si cresce, si impara, viaggiando l’esistente ci attraversa.
Chi sceglie questo libro rinuncia, sebbene non del tutto alle fiction, e fa spazio alla propria fantasia o filosofia di vita.
di Alberto Corrado