Originario di Glasgow, Douglas Stuart racconta l’incontro tra un ragazzo protestante e uno cattolico nella Scozia dei primi anni Novanta
“Vieni” diceva la sua mano. “Vieni via.”
Douglas Stuart
Non è un amico ritrovato, ma un amico che trasforma la forza in amore, sempre presente nella vita del narratore fin dal primo incontro, perché gli ha insegnato a essere chi non era.
Il “Il Giovane Mungo”, edito da Mondadori, è Il nuovo romanzo di Douglas Stuart, nato a Glasgow, trasferito a New York dopo aver frequentato il Royal College of Art a Londra e vincitore del Booker Prize 2020
Un vivido ritratto commovente e indimenticabile della consapevolezza e della crescita di due adolescenti come una sorta leggenda quasi sussurrata sul far della sera di cui si perde oggi continuamente l’origine, ma che afferma la volontà di ogni essere umano di amare chi si vuole.
Racconta la storia del protestante Mungo nella Glasgow dei primi anni Novanta e della amicizia con il cattolico James Jamieson, suo coetaneo e diverso da lui, diverso da tutti per la verità.
Sarà perché è consapevole della propria reputazione, sarà perché vuole fuggire da quel mondo iper-mascolinizzato dove i giovani della classe operaia si dividono secondo le linee settarie e combattono battaglie territoriali, o perché, a quanto dicono, non è un ragazzo come gli altri essendo un amante dei piccioni da corsa.
Ma non consiste solo in questo la diversità dell’amico. James sembra piombato sulla terra da una dimensione aliena davanti agli occhi di Mungo e incarna quell’ideale di tenerezza a cui aggrapparsi da quella città grigia e inospitale. Allo stesso modo gli da forza e consapevolezza di poter affrontare un’esperienza che non potrà mai dimenticare per tutta la vita, causata da una madre dedita ad una vita da ubriaca e di follia.
Una azione che fa appello a tutta la sua forza interiore e al suo coraggio per riuscire a tornare da James ed avere un futuro. Una azione che incarna a ben vedere la forza dell’amore che impedisce ad entrambi di scivolare versa la caduta o di affondare nella disperazione. La consapevolezza che nessun atto, nessuna parola è vana perché ognuno può essere un eroe per l’altro.
Leggere questo libro, in giorni i cui la negazione dei diritti civili torna ad essere una cifra del contemporaneo sullo scenario politico internazionale è come immergere il viso dentro una bacinella di acqua gelata, come sentire sulla pelle le ferite riportate sul corpo di entrambi i protagonisti. E rabbrividire per un passato che torna a bussare ancora più forte alle nostre porte.
Mungo e James sono destinati a vivere al di sopra dei pregiudizi, cercando di ricostruire e ricreare con pochissimi elementi il loro mondo perduto: quaderni per disegnare, la musica e il film che hanno visto assieme. Una sorta di regno creato solo per loro due.
E qui che sorgono le domande che cosa sia l’identità di genere? Qual è il luogo dove non vi sia discriminazione? In nome di questa idea di appartenenza o di possesso sono state combattute e si combattono guerre sociali. E soprattutto ci si chiede a un certo punto se ciascuno di noi si può ergere a giudice di qualcun altro? La risposta è un categorico dissenso, perché ogni parola della scrittura di Douglas Stuart è una picconata alla negligenza di ogni società che discrimina e che giudica. E forse per questo che ci mostra un finale meno doloroso. Conta solo un brandello di vita strappato al tempo e alla morte dell’anima che alcuni chiamano: amore.
di Alberto Corrado