La collezione di Haute Couture di Schiaparelli è un’allegoria all’Inferno dantesco per raccontare il coraggio creativo per un processo artistico, anche quando si è bloccati per la paura.
Incomincia la Comedia di Dante Alleghieri di Fiorenza, ne la quale tratta de le pene e punimenti de’ vizi e de’ meriti e premi de le virtù. Comincia il canto primo de la prima parte nel qual l’auttore fa proemio a tutta l’opera.
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
1308 Dante Alighieri Canto I
Daniel Roseberry, direttore creativo della Maison Schiaparelli, rende omaggio al dubbio della creazione e al dubbio dell’intenzione, motivo per cui questa collezione Haute Couture è volutamente lontana dalle tecniche sartoriali viste nelle precedenti stagioni.
Una scelta nuova, che a molti può essere oscura, come la selva citata nel primo canto dell’Inferno della Divina Commedia scritta da Dante Alighieri. E proprio la lettura del poema trecentesco, porta Daniel Roseberry nel riscoprire, con grande sorpresa, che qualcosa gli era sfuggito quando l’aveva affrontata per la prima volta durante gli anni scolastici. Eppure la rilettura dei canti dell’Inferno di Dante hanno portato il designer ha rivivere in perfetta metafora, quello stesso tormento, che ogni creativo prova quando si siede davanti al blocco da disegno, intento a pensare e creare la prossima collezione.
In quel dato momento possono affiorare pensieri che alimentano la paura, ma spesso sono dissipati dal coraggio, se la mente ti riconduce a quella che poteva provare Elsa Schiaparelli, donna leggendaria che creò un nuovo modo di pensare la moda come un processo artistico assoluto, fuori dal comune per quei tempi.
I suoi pensieri e il suo archivio sono fonte inesauribile per qualsiasi creativo che desidera compiacere il pubblico e impressionare sé stesso nella ricerca costante di fare qualcosa di nuovo.
Per questo gli abiti presentati in questa collezione, oltre a richiamare il senso dell’organizzazione dantesca composta da tre look per ciascuno dei nove gironi dell’Inferno, ispirati alle immagini più avvincenti come il leopardo, il leone e la lupa, che rappresentano la lussuria, l’orgoglio e l’avarizia sono anche pezzi ispirati alla fascinazione scivolosa, da casa degli specchi della fondatrice. Ed ecco che appaiono le paillettes che fremono su alcuni abiti, che sono realizzate con lastre di lamiera rivestite in cuoio, la gonna ultra lavorata non decorata in tessuto, ma rivestita da perline di legno.
Il luccichio iridescente degli abiti in velluto a colonna, che in realtà sono dipinti a mano con un pigmento che cambia colore a secondo la prospettiva, i plastron scolpiti in strisce di madreperla ondulanti e con un intarsio di alberi di limone, e il busto gigante in rame patinato a mano sono frutto di un lavoro artigianale attento a creare quell’artificio ricercato, che è sempre stato lo spirito meraviglioso che ha animato la ricerca di Elsa Schiaparelli.
Il pregio del lavoro manuale lo ritroviamo ancora nel taglio grezzo dei gioielli materici, che esaltano la mineralità e la naturalezza, o nella pittura a mano delle iconiche borse Schiaparelli “Secret” e “Face” in alligatore con venature in oro.
Se Dante ci ricorda che non c’è Paradiso senza Inferno, non c’è Gioia senza Dolore, non c’è Estasi della creazione senza Tortura del dubbio, allora questa collezione fa eco a quell’illusionismo, ricordandoci la necessità di ritrovarci di tanto in tanto in un luogo in cui siamo costretti a riconsiderare le nostre convinzioni.
di Alberto Corrado