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Ciò che rende interessante la scelta di Silvia Nozza, medico infettivologo, è quello di dedicare la sua vita alla ricerca medica per la lotta contro un virus, che si propaga sotto pelle di ciascuno di noi, senza che ce ne accorgiamo.

“Il mondo è una meraviglia, ma le porzioni sono piccole”

Rebecca Hazelton, Slah Fiction

Andando indietro con il tempo, mentre ascolto dal mio giradischi il memorabile album Red Hot + Blue A Tribute a Cole Porter, subito mi si sono riaffiorati i ricordi degli anni ‘90 quando molti pensatori, giovani creativi e attivisti scendevano in piazza manifestando con striscioni che inneggiavano lo slogan “Silenzio = Morte”, e nello stesso tempo raccoglievano fondi per pagare le spese mediche delle categorie a rischio che avevano contratto il virus dell’AIDS.

Quello che ha reso memorabile e straordinario quel periodo sono l’esuberanza di quelli che scendevano in piazza per una causa sanitaria e politica di come affrontare un virus e di correggere la comunicazione, contro il castigo divino che secondo alcuni ci era stato inflitto.

E ne uscimmo a fatica soltanto nel decennio dopo, con il risveglio della coscienza civile prima, e con la politica, poi, frenata dal bigottismo, ma soprattutto seguendo il faro della scienza.

LUPO ALBERTO TESTIMONIAL NEI PRIMI ANNI NOVANTA DELLA CAMPAGNA ANTI AIDS

Ora abbiamo fatto qualche passo in più nella lotta, ma c’è ancora troppo silenzio e molti vuoti da riempire per raggiungere un successo per cui molta cultura degli anni Ottanta aveva lottato, e alzato la voce tale da contrastare l’approccio proibizionista e moralista.

E molte domande si concretizzarono con il vero salto culturale degli anni Novanta e l’arrivo dei media che, con le campagne pubblicitarie, con spot e fumetti, e con il  cinema d’autore, come la miniserie Angels in America dove scesero in campo Al Pacino, Meryl Streep ed Emma Thompson, prodotta da HBO, cambiarono la paura in solidarietà.

Red Hot + Blue a Tribute a Cole Porter

Molte volte, però, sembra che le campagne odierne di sensibilizzazione sull’AIDS abbiano un carattere schizofrenico: da un lato vi è una sorta di normalizzazione della condizione di sieropositività, dall’altro vi è un allarmante denuncia dell’abbassamento della guardia.

Questo mix letale produce la drastica diminuzione di investire in campagne di prevenzione, che sta esponendo la generazione più giovane ad una maggiore disinformazione, generando più rischi rispetto agli anni passati.

Parlare di prevenzione oggi, significa tranquillizzare da un lato, e mettere in guardia dall’altro, rispondendo a due esigenze che possono essere ritenute inconciliabili, ma che aiutano a spiegare sia il trattamento preventivo e sia l’effetto di vigilare sui rischi legati al virus, senza essere castigati e stigmatizzati socialmente.

In Italia e nel resto del modo, quindi, ci si ammala ancora di AIDS ed ammalarsi sono i sieropositivi che non sanno di esserlo, persone ignare della condizione che, non sottoponendosi a nessuna terapia, favoriscono la trasmissione del virus, e rischiano di svilupparlo.
Proprio per questo la sottovalutazione del fenomeno deve essere arginato con una buona comunicazione sulla prevenzione e sulle diagnosi precoci che ridurrebbero drasticamente i numeri di diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili.

Un argomento delicato, che deve essere affrontato con cautela nel tentativo di togliere malati e chi non sa di esserlo, dal ghetto sociale in cui si cerca, molto spesso di confinare.

MARGINAL WATERS CREDITS DOUG ISCHAR BELMONT ROCKS NEGLI ANNI OTTANTA
AL PACINO NELLA MINI SERIE ANGELS IN AMERICA

La bandiera della laicità resta in mano ai medici e alle associazioni Lgbtq+ e alle persone che operano nel campo della ricerca, con competenza e dedizione.

Per questo abbiamo chiesto alla Dott.ssa Silvia Nozza, medico infettivologo dell’Unità di Malattie Infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, dove è responsabile delle vaccinazioni in persone fragili, responsabile della prevenzione farmacologica dell’infezione da HIV (PrEP) e della diagnosi e trattamento delle infezioni sessualmente trasmissibili. Autrice di 182 lavori su PUBMED. H-INDEX 23 e Membro del Consiglio Direttivo Nazionale della Società SIMIT (Società italiana di malattie infettive e tropicali), Membro del comitato scientifico di ICAR (Italian Conference on AIDS and Retroviruses), e Membro del Comitato Scientifico EACS YING (Young Investigators) di aiutarci a comprendere il frutto delle ricerche storiche e quelle che si stanno affacciando nella nostra società.

MURALES DI ALESSANDRO ETSON IN ARTE ETSOM BERGAMO SUL TEMA DELL'HIV

Ha trascorso gran parte della sua vita a studiare le malattie infettive. Puoi parlarcene? 

Le malattie infettive sono molto varie e interessanti, perché possono essere specifiche di alcuni organi (per esempio meningiti, polmoniti) oppure sistemiche e colpire molti organi (tra le più note malaria e HIV). Rappresentano un’importante causa di mortalità in alcuni Paesi del mondo, in particolare HIV, malaria e gastroenteriti acute.

Come si definiscono le malattie infettive ad oggi?

Le malattie infettive sono le malattie causate da micro organismi (batteri, virus, batteri, protozoi). Alcune malattie infettive sono contagiose, nel senso che si trasmettono da persona a persona in diversi modi (contatto, rapporti sessuali, via aerea, secrezioni orali, per citare i più comuni).

Quale diffidenza vi è da parte del paziente a rivolgersi ad un medico per una diagnosi riguardante le malattie da trasmissione sessuale?

Ogni giorno più di un milione di persone si infetta con una malattia a trasmissione sessuale. Le persone hanno ancora timore a rivolgersi a centri per la diagnosi di infezioni sessualmente trasmissibili per paura del giudizio sui comportamenti. Ricordo che molte infezioni sessualmente trasmissibili (in particolare gonorrea, sifilide e papillomavirus) possono essere trasmesse anche con il preservativo.

Dott.ssa Silvia Nozza

Quanto costa in Italia un paziente affetto da HIV a differenza degli altri paesi aderenti alla Comunità Europea?

Non c’è una stima precisa, perché bisogna tenere conto di molti fattori: la terapia antiretrovirale, gli esami di monitoraggio, eventuali ospedalizzazioni e terapie di infezioni opportunistiche.

Oggi, dopo oltre il periodo della pandemia e oltre due anni dall’avvio delle vaccinazioni anti-COVID, cosa possiamo dire in più rispetto alla protezione fornita dai vaccini alle persone con HIV?

Le persone con infezione da HIV rispondono ai vaccini e alle infezioni, compreso il COVID, in modo dipendente dalle cellule CD4. Se è immunocompetente, cioè ha un numero di CD4 superiore a 500 cellule, la risposta ai vaccini è uguale a quella di una persona senza l’infezione da HIV.

Se invece ha un sistema immunitario compromesso, in particolare i CD4 sono inferiori a 200, la risposta è inferiore ed alcuni vaccini, a base di virus vivi (per esempio il vaccino contro la febbre gialla) non dovrebbero essere somministrati.

Tra le molte falsità che circolano sin dall’inizio della pandemia c’è quella secondo la quale molti decessi attribuiti al COVID fossero in realtà dovuti ad AIDS. Viene così completamente ignorato il ruolo delle terapie antiretrovirali nel mantenere in salute le persone, nel crollo della mortalità per AIDS e nel contenimento della trasmissione dell’HIV. L’ultima “bufala” che ci arriva dai social è che le persone vaccinate con terza dose rischino di contrarre l’AIDS. Può darci una sua teoria su questo argomento?

Non è una teoria, in quanto il ruolo della terapia antiretrovirale è ampiamente dimostrato su due fronti: il benessere della persona con HIV, in quanto la terapia diminuisce il virus fino a renderlo non più rilevabile a livello del sangue e degli altri fluidi corporei, dando la possibilità al sistema immunitario di riprendersi; la comunità in generale, in quanto la persona in trattamento efficace non può trasmettere l’infezione.

È da parecchi mesi che sono apparsi numerosi articoli scientifici sull’argomento di un avvio di una sperimentazione vaccinale in relazione all’HIV. Può spiegarci meglio il funzionamento di questa sperimentazione vaccinale?

Ci sono stati diversi vaccini sperimentati senza successo negli ultimi anni. Attualmente le sperimentazioni stanno utilizzando due tipi di vaccini: il vaccino a mRNA (sperimentazione in fase iniziale) e il vaccino verso diverse proteine del virus, con formazione di anticorpi e stimolazione della risposta cellulare. Il vaccino preventivo è una sfida scientifica difficile, in quanto il virus dell’HIV muta velocemente e per costruire un vaccino efficace è fondamentale prima individuare parti stabili del virus.

Abbiamo invece a disposizione un’arma di prevenzione farmacologica di provata efficacia, la profilassi pre esposizione (PrEP), rivolta a persone senza infezione da HIV che assumono una terapia preventiva prima di venire a contatto con il virus.

È possibile che questo trattamento vaccinale possa, in futuro, avere anche una valenza terapeutica, ossia “curare” l’HIV oltre a prevenirlo?

Il termine vaccino in questo caso non è molto corretto, ma sono in studio una serie di vaccini terapeutici che hanno come obiettivo quello di consentire alla persona con infezione da HIV di controllare il virus senza bisogno della terapia antiretrovirale.

Come si costruisce un vaccino anti- HIV o una ricerca di sperimentazione per arrivare ad un vaccino?

È una strada lunga che inizia da studi in laboratorio, passa attraverso gli studi su animali e infine su volontari.

Quanto è lontana, secondo lei, la possibilità di arrivare ad una cura definitiva per l’HIV? 

I casi accertati di guarigione completa sono quattro, per svariati motivi. Uno dei fronti più interessanti è quello della terapia genica, che già si applica in altre malattie. La sfida è ancora lunga. Non dimentichiamo che oggi una persona con infezione da HIV in trattamento efficace ha un’aspettativa di vita paragonabile a chi non ha l’infezione.

Quali saranno le future sfide, per la sanità italiana sul problema trattamento e informazione delle malattie infettive?

Sono a mio avviso tre: l’informazione e l’accesso agli screening senza timore di giudizio, la formazione di personale sanitario competente e la gratuità della prevenzione (dagli screening per le infezioni sessualmente trasmissibili, non gratuiti in tutte le regioni italiane, all’accesso alle vaccinazioni, alle PrEP).

Per concludere, come infettivologa quali consigli si sente di dare ai nostri lettori?

Le malattie infettive sono molte, ma non dobbiamo temerle. Gli screening, soprattutto per le infezioni sessualmente trasmissibili, sono il primo passo per conoscere il nostro stato di salute. Sapere vuol dire trattare e non contagiare.

Nella sua ampiezza e generosità, questa dissertazione ci lascia intuire la portata di impatto che hanno ancora le infezioni sessualmente trasmissibili, e ci riporta con i piedi per terra, non cercando di ignorare ma di risvegliare la nostra coscienza civile.

Un antidoto alla tentazione di dimenticare ciò che non vogliamo ricordare, proprio come nel racconto corale I Grandi Sognatori, romanzo uscito l’anno scorso per Einaudi, che rilegge il periodo di quarant’anni fa con la scoperta del primo caso di AIDS che allungò la sua ombra su tutto il sistema sociale e politico degli anni Ottanta, frutto delle ricerche storiche attente di Rebecca Makkai.

di Alberto Corrado