Francoise Giroud racconta la vita di Alma Mahler: compositrice e scrittrice austriaca, ma anche una donna che seppe individuare il genio, e stimolare il lavoro dei più grandi artisti del Novecento.
“L’essere umano può fare tutto, ma deve anche essere pronto a tutto”
Alma Maria Mahler- Werfel
All’inizio del Novecento, Vienna divenne una città unica e un luogo di grandi cambiamenti, sia dal punto di vista artistico che nell’ambito culturale: dall’arte “Wiener Moderne” della Belle Époque alla musica con i contributi fondamentali dei grandi compositori come Gustav Mahler, Arnold Schönberg, Alban Berg e Anton von Webern, per poi non dimenticare gli scritti di Sigmund Freud, che rivoluzionò l’approccio alle malattie psichiatriche.
Tra i fermenti della Secessione e la scoperta dell’inconscio, la società viennese diluisce le angosce politiche in una diffusa frenesia creativa, creando quella vita culturale fatta da artisti, letterati e pensatori attorno a teatri, salotti e caffè letterari, influenzando profondamente tutta l’arte moderna.
In questa atmosfera irripetibile, si muove Alma Schindler, figlia di una cantante e di un pittore, con la sua bellezza scaltra, certe volte sfrontata, tale da essere la musa ispiratrice di grandi uomini.
A soli diciassette anni diventa la Giuditta di Klimt, a venti si nutre di Nietzsche, Wagner e Platone, studia greco, traduce i Padri della Chiesa, ma soprattutto compone musica.
Francoise Giroud, giornalista e ministro degli Affari femminili nel gabinetto di Jacques Chirac e della Cultura nel gabinetto di Raymond Barre, nel libro “Alma Mahler- O l’arte di essere amata” edito nella collana Superbeat edito da Neri Pozza, traccia una biografia che non si limita solo a narrare la lunga parabola della vedova delle quattro arti, ma restituisce un ritratto straordinario fatto di grandezza, splendori e contraddizioni dolorose.
Gustav Klimt, Judith I, 1901
Öl auf Leinwand
Alma Mahler e Gustav Mahler 1909 Dobbiaco
Alma Mahler e Oskar Kokoschka
Come le storie delle donne più notevoli, anche quella di Alma Mahler riguarda sesso e potere, essendo una ragazza eccezionale, anche per via dell’idea elevatissima che ha di sé, fatto insolito nelle donne del suo tempo. Per Alma non era la posizione, non il denaro, ciò che più l’affascina in un uomo, ma il talento, e Vienna ribolle di uomini di genio, che sono attratti da lei, come una calamita.
Perdono la testa per lei, che li investe della propria luce, ne esalta la capacità, ne moltiplica le energie, si fa dea e amazzone per trasformarli in divinità. Perciò quando lei li lascia, la caduta è tanto grave, che spesso ognuno di loro passa sopra il tradimento e le menzogne, adorandola ancora di più.
Gustav Klimt (pittore austriaco), Gustav Mahler (compositore e direttore d’orchestra austriaco), Walter Gropius (designer e urbanista tedesco), Oskar Kokoschka (pittore e drammaturgo austriaco), Franz Werfel (scrittore e drammaturgo austriaco) l’hanno amata, le hanno scritte lettere appassionate, le hanno dedicato opere, e da lei sono stati tormentati e abbandonati. Come se il desiderio inappagato di una carriera artistica e l’ambizione di uscire dall’oppressione culturale, come ennesima vittima femminile, potesse sublimarsi solo in ciò in cui la leonessa divorata da fantasmi di gloria non ha rivali: l’arte di essere amata.
Ma mentre al suo fianco i suoi geniali mariti e le infinite relazioni che le sono attribuite creano meraviglie immortali, Alma comporrà pochissimo e non dirigerà mai un’orchestra, seppellendo le proprie aspirazioni.
Un dettaglio svela la sua fragilità, ha visto morire tre dei suoi quattro figli: da Maria Mahler che mori per difterite a soli cinque anni a Manon Gropius che mori a soli 18 anni, per poliomelite tale che Alban Berg, affezionato amico di Walter Gropius, scrisse il concerto per violino e orchestra simbolicamente intitolato “Alla memoria di un angelo”, e Walter Gropius che morì a soli dieci mesi.
Sopravvisse solo Anna, la seconda figlia, avuta da Mahler, che fu scultrice di talento e superò la madre nell’album coniugale: moglie del musicista Rupert Koller a soli 16 anni, convolò in seconde nozze a soli 22 anni con Ernst Krenek, ma il matrimonio durò solo una manciata di mesi, per poi sposarsi una terza volta con l’editore Paul Zsolnay, da cui ebbe la figlia Alma Ottilie, e in seguito per la quarta volta con direttore d’orchestra ucraino Anatole Fistoulari, da cui nacque Marina. L’unico matrimonio che duraturo fu con il regista tedesco Albrecht Joseph.
Ma quello che affascina in questo racconto è il percorso che fa Alma Mahler per diventare una leggenda, un evento operistico fatto di grandezza e squallore: una strada tortuosa, fatta di progettualità costante ma anche molti fallimenti, in una vita ricca di amicizie, ma segnata anche da fenomeni depressivi e da un senso costante di non essere amata, che la portava a chiudersi in solitudine.
Cresciuta nello sfarzo dell’epoca d’oro della Belle Èpoque a Vienna che terminò con un’apocalisse della prima guerra mondiale, si ritroverà a vivere a Parigi la follia dell’avvento nazista e poi emigrare in America, e con il potere avrà sempre un rapporto complesso fatto di ripulsa, corteggiamenti, compromesso e ribellione.
Vestirà sempre fino all’ultimo con abiti costosi e biancheria intima intrigante, si mostrerà sempre altera e raffinata nel gioco della seduzione della mente.
Una nota giornalista di una testata americana, incontrandola ad un evento dedicato alla memoria di Gustav Mahler a New York, le fece una domanda circa gli uomini della sua vita, a cui risponderà in modo arguto e provocatorio, facendo trasparire ancora l’antica bellezza di un tempo “Non ho mai amato la musica di Mahler, non mi sono mai veramente interessata a ciò che scrivesse Werfel e non ho mai capito cosa facesse esattamente Gropius, ma Kokoschka sì, Kokoschka mi aveva veramente colpito”.
Eppure, al suo arrivo a qualsiasi evento nel mondo che partecipava, gli uomini solevano accoglierla, con un misto di ammirazione e rispetto, al grido “Arriva la dea del vento”.
di Alberto Corrado