Il designer belga porta la sua collezione a Londra nei locali del Printworks, ospitando 1000 persone in un sabba, sotto effetto di musica techno.
Raf Simons ha sfilato la sua collezione primaverile a Londra dentro a Printworks, un enorme fabbrica di carta da giornale post -industriale, le cui sale cavernose sono state a lungo riappropriate in un locale notturno, che è procinto di essere abbattuto.
Una situazione da rave party, dove il lungo bancone del bar è stato trasformato in passarella, mentre il pubblico composto da mille giovani studenti, artisti, designer, musicisti, DJ e fashion addict erano tutti uniti nello spirito caotico di euforia, sotto l’effetto della musica techno music a palla e sotto i raggi di laser verde acido, a spezzare il buio della sala.
Sullo sfondo, il video di un danzatore che volteggia leggiadro sulle note di musica classica, mentre tutti i partecipanti allo show, assiepati intorno alla pedana, alzavano i propri smartphone puntandoli in alto, per riprendere il ritmo gotico-grunge della collezione.
Uno show sentito e voluto dallo stilista belga, nel voler ricreare quei tempi crudi e distopici della sua giovinezza, quando si acquistavano i biglietti per entrare nelle sfilate di moda.
“Una esplosione londinese di giovinezza” dichiara Raf Simons “la gioia di stare insieme, di voler uscire, sentirsi liberi dopo la pandemia, per esibire il proprio corpo, come in un vero happening dal sapore anni’90. Per questo non volevo uno spettacolo per sole 300 persone sedute in fila, ma uno spettacolo di pura democrazia, senza nessuna gerarchia”.
Come brutale presa di coscienza di questi rimandi giovanili, Simons ha incorporato stampe di opere scarabocchiate del compianto pittore belga Gand Philippe Vanderberg, su T-shirt e abiti.
“Sono parole crudeli, come Uccidili tutti e balla” spiega Simons. “ma certamente l’artista non intendeva uccidere le persone, ma desiderava uccidere le cose che si sono fatte in modo creativo per poter non guardare il passato e spingerti in avanti, per ricominciare di nuovo ad un punto di partenza per esplorare ulteriormente nuove prospettive”.
Sulla pedana una sartoria freddamene ridotta al minimo, che risente fortemente di quella visione creativa che si respira e contraddistingue l’estetica minimalista della Maison Prada: dai leggings di ballerina, ispirati al balletto classico e in parte come risultato della sua recente collaborazione con il coreografo del New York Ballet Justin Peck, alle mini, alle tute di maglieria sottile, che aveva progettato con Miuccia Prada in una precedente collezione, ma in questo caso, rimpicciolite nel corpo modellistico.
La chiave di lettura della collezione resta sempre less is more, ma senza rinunciare a proporzioni massimizzate, come nei blazer sartoriali a doppiopetto, o nei completi texturizzati o ancora, nei capispalla dalle silhouette importanti come nelle maxi biker e nelle jackets smanicati.
La palette colori è quella che evoca i Nineties, dove ogni colore si scontra con l’altro: dal nero pece al giallo canarino, dal grigio all’antracite o rosso vermiglio, mentre le tonalità del beige o crema si confrontano con il rosa bubblegum o il lime.
Un evento riuscito e molto carico di energia che ci induce a pensare dove sta dirigendosi la moda in una sorta di timeline ciclico, dove ogni creativo cerca di attingere qualcosa da apportare al suo proprio cambiamento estetico.
Per questo ci sorge una domanda spontanea “ Raf Simons è ancora Raf Simons…. In che punto ciclico della moda si trova” anche se la risposta può essere ricondotta al suo comportamento a fine show, nel saltare dalla pedana e andare a ricevere tutti gli ospiti e amici per il meet and greet post-sfilata, indossando la felpa che riporta la scritta “Isolated Heroes” in memoria del celebre realizzato in collaborazione con il fotografo britannico David Sims. Un eterno Peter Pan con il cuore grunge.
di Alberto Corrado