79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia le conferisce il Leone d’oro alla carriera.
“Amore mio, ti aspetterò per tutta la vita, penserò solo a te.”
Gli ombrelli di Cherbourg, 1964
Il CDA della Biennale di Venezia, che ha fatto propria la proposta del Direttore della Mostra Alberto Barrera, ha consegnato lo scorso 31 agosto nella Sala Grande (Palazzo del Cinema) il Leone d’oro alla carriera a Catherine Deneuve, per il suo numero impressionante di film, la maggior parte dei quali, grandi successi internazionali.
La prima volta che Catherine Deneuve venne a Venezia, fu alla Mostra nel’64, con il film fuori concorso “Les Parapluies de Cherbourg”, diretto Jacques Demy, come attrice coprotagonista, accanto all’attore italiano Nino Castelnuovo.
La storia di un amore impossibile tra due giovani. Una semplice, tenera e malinconica favola realistica ambientata in un microcosmo senza padri, come spesso succedeva nel cinema di Demy sullo sfondo una Cherbourg vera, che sembra un set di un film di Vincent Minnelli. Fu una vera rivoluzione e ancora oggi tutti critici e cineasti se la ricordano in quel frame, dove la si vedeva al binario del treno nel salutare il proprio amore, che partiva al fronte, commuovendosi follemente. Nacque una stella e una donna, che fin da quel film, ha sempre portato avanti con ardore l’amore smisurato per il cinema.
Ogni suo ruolo è poi diventato un’opera di cult movie, grazie alla sua recitazione, ricordandoci che subito dopo nel 1967, si presentò a Venezia con “Belle de Jour”, diretto da Luis Buñuel, tratto dal romanzo di Joseph Kessel, che fece scandalo per il pruriginoso tema trattato.
La pellicola era costituita da due momenti narrativi contrapposti dove il sogno lucido che fonda le sue radici nel surrealismo, quello tanto amato dal regista, e la realtà opprimente, da cui la protagonista, cerca di evadere. Una donna che viveva nella Parigi degli anni Sessanta, in una annoiata società borghese e annichilita da una realtà che non le permetteva di essere sé stessa, e che trova nell’immaginazione la sua valvola di sfogo. Un giorno le viene rivelata l’esistenza di una casa d’appuntamenti. Nasce così il suo alter ego, Belle de jour (da belle de nuit, in gergo prostituta).
Impeccabile l’interpretazione della Deneuve, fredda, rigida, sarcastica e insondabile, specialmente nei primi piani, dove il volto dell’attrice è come una superficie cangiante che cambia colore in base al diverso contesto emozionale. Immaginario e realtà si mescolano come solo il Surrealismo sa fare, per farci riflettere a livello profondo della consapevolezza del ruolo della donna, con uno sguardo attento non più come estensione dell’uomo e relegata principalmente alla sfera domestica, ma un individuo a tutti gli effetti, che può permettersi di far emergere i suoi più intimi desideri.
E il mondo non si capacitava di uno simile scandalo, ma con questa interpretazione confermò il suo stile, dando ad ogni suo personaggio addivenire, un tratto sicuro, che si può affermare come modernità recitativa.
“È una gioia ricevere questo premio prestigioso alla Mostra di Venezia, che amo e conosco da molto tempo, da quando Bella di giorno di Luis Buñuel ha ricevuto a suo tempo il Leone d’Oro – ha dichiarato Catherine Deneuve – È un onore inoltre essere stata scelta per questo omaggio dalla Mostra, perché mi ha accompagnato molto spesso per tanti film».
Una carriera iniziata a tredici anni nel film “Le Collegiali “di André Hunebelle, datato 1956, ma sarà l’incontro con Roger Vadim, che le cambierà la vita, dato che il regista non appena fa la sua conoscenza si innamora perdutamente di lei, tale da imporla, come nuova icona di stile e dirigerla nel 1962 nel film “Il Vizio e la Virtù.”
Passano gli anni e l’immagine dell’attrice, si lega sempre di più al ruolo femme fatale, grazie anche al bad boy della fotografia David Bailey, che la immortalò cercando di catturare quel suo magnetismo attraverso semplici scatti che rappresentavano lo spirito del tempo che scorreva nelle vie grazie alla nuova identità femminile che si andava definendo.
A metà degli anni ’60 arriva per lei un altro incontro importante, che le cambia la vita: quello con Roman Polanski, firmando il forte e scandaloso film dal titolo “Repulsion“. Negli gli anni ’80, invece, sopraggiunge il sodalizio artistico con un altro grande gigante del cinema francese Gerard Depardieu, recitando in diversi film tra cui “L’ultimo metro”, che le fece guadagnare due premi importanti: il David di Donatello come migliore attrice straniera e il César.
Nel 1992 arriva la nomination all’Oscar, per l’interpretazione nel film “Indocina”. L’anno dopo inizia un altro lungo sodalizio artistico con il regista Manoel De Oliveira che la volle ne “I Misteri del convento” e poi per il film “Ritorno a casa“, nel 2000, e “Un film parlato“, nel 2003. Nel 2000 lavora anche con il discusso e originale regista danese Lars von Trier, in “Dancer in the Dark”.
Tra il 2007 e il 2010, infine, prende parte ad alcuni altri film come “The girl on the train“, “Racconto di Natale” e “Bancs Publics“, oltre a “The Big Picture” e “Potiche – La bella statuina“, portando a conoscere giovani cineasti.
Una carriera costellata anche da «una quantità altrettanto ragguardevole di premi ottenuti nei maggiori festival del mondo», ha sottolineato Alberto Barbera “Per questi motivi assume particolare rilievo il Leone d’Oro alla carriera che la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia le attribuisce in occasione del 90. anniversario dalla prima edizione del festival veneziano, dopo il Leone d’Oro vinto con Bella di giorno di Luis Buñuel nel 1967 e la Coppa Volpi come miglior attrice per Place Vendôme di Nicole Garcia nel 1998».
Una bellezza raffinata e fuori dal comune che ha saputo conquistare fuori e dentro i set cinematografici grazie anche al suo stile, trasformandola una icona di moda, grazie all’amicizia con lo stilista Yves Saint Laurent, che incontro quando aveva 22 anni e rimase sua amica fino alla sua morte. Fu lui a realizzare i costumi di scena della “Belle de Jour” e il vestito da sera che l’attrice indossò per l’incontro con la regina Elisabetta, che divenne l’inizio di una duratura amicizia e collaborazione professionale.
Un legame con la Maison che continua ancora ai giorni nostri con il direttore creativo Anthony Vaccarello, che le ha voluto dedicare una retrospettiva al Teatrino di Palazzo Grassi dal titolo “Une Nuit avec Deneuve”, dove alcuni dei film più importanti della sua carriera sono stati proiettati, esplorando quel viaggio fantastico degli anni ’60 fino agli anni ’80, dove i costumi di scena conferiscono una dimensionalità distintiva dei personaggi.
A nome di tutti gli spettatori, diciamo un grazie a questa attrice che ci ha reso una vita come un incanto, nel personificare nel modo più assoluto un’idea di libertà, sia nella sua arte straordinariamente personale, che nella discrezione di eleganza della sua presenza fisica.
di Alberto Corrado