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Addio allo stilista affascinato dall’animale più bello della Terra: l’essere umano. I suoi abiti-scultura hanno fatto la storia della moda.

Lo stilista francese Manfred Thierry Mugler è morto all’età di 73 anni nella giornata di ieri, domenica 23 gennaio, per cause naturali. Lo ha annunciato, il suo agente Jean-Baptiste Rougeot sui social Facebook e Instagram e nello stesso tempo sul profilo IG dello stilista, l’annuncio è stato un solo post total black, per sottolineare la tragica notizia.

Thierry Mugler è stato capace di cambiare il sistema moda, quello degli anni Ottanta e Novanta in cui regnava il minimalismo androgino, con provocanti e seduttivi capi per donne fatali che indossavano strass e lattice, strizzati tailleur e pellicce di ogni tipo, corsetti e sovrastrutture architettoniche, rilanciando la silhouette a clessidra.

Un visionario tutto tondo, “affascinato dall’animale più bello della Terra: l’essere umano” come usava dire, e il suo approccio con la moda può essere sintetizzato nelle sue parole che ripeteva spesso a tutti i giornalisti che lo incontravano “Sono un architetto che reiventa completamente il corpo di una donna.”

Molti sono i look indossati dalle star che sono frutto di quel suo estro innovativo, che molti consideravano arte pura, e che altri suoi colleghi non hanno mai voluto creare o avevano paura di farlo, come nel trasformare insetti, animali e robot in abiti strabilianti e scenici.

Ricordiamo, il tubino nero indossato da Demi Moore nel film “Proposta Indecente”, il look di Kim Kardashian al Met Gala 2019, i celebri corsetti ideati per Madonna, e la sua direzione negli anni Ottanta dello storico video “Too Funky” di George Michael, protagoniste Eva Herzigová, Linda Evangelista, Nadja Auermann, Emma Sjöberg, Estelle Hallyday, Shana Zadrick, Tyra Banks e Beverly Peele, e dove appaiono, anche, le attrici Julie Newmar e Rossy de Palma e le artiste drag Lypsinka e Joey Arias.

Nato a Strasburgo il 21 dicembre 1948, ha iniziato la sua carriera nella moda a Londra, dove ha contribuito al look Swinging delle boutique alla moda negli anni Sessanta, per poi trasferirsi a Parigi, dove lavora prima come vetrinista, e designer free-lance nel tempo libero, tale da riuscire a mettere da parte parecchi soldi da lanciare la sua prima collezione e linea di abbigliamento Café de Paris, per poi creare il proprio brand nel 1975.

Uno stile che valorizzava il corpo umano che lo porto ad essere considerato tra i grandi creativi innovatori di quel periodo assieme a Claude Montana e Azzadine Alaïa. Nel 1991 fece salire in passarella per la sua collezione Primavera- Estate Diana Ross, attrice e cantante, facendo scalpore nel mondo della moda, per essere il primo a mescolare questo settore con quello della musica, che lo premia e gli apre le porte della Chambre Syndacale Haute Couture di Parigi, che lo invita a sfilare.

Nel 1992 lancia la sua prima fragranza Angel, mix tra praline di cioccolato e patchouli, una dei profumi che ancora oggi sta nelle classifiche dei più venduti in tutto il mondo, tale da portarlo nel 1997 a lasciare il settore dell’abbigliamento e dedicarsi esclusivamente al settore beauty, supportato dall’azienda Clarins, che successivamente, acquista il marchio. La griffe, ora di proprietà de L’Oréal, è tornata alla ribalta nel 2010 come “Mugler” e ha avuto un ritorno di fiamma sotto la direzione creativa prima di Nicola Formichetti, stilista e direttore artistico italiano, e in seguito nel 2017 sotto la visione dello stilista Casey Cadwallader, designer americano.

Lo stesso Cadwallader, lo scorso autunno, durante la Parigi Fashion Week, ha presentato al Musée des Arts Décoratifs una retrospettiva dedicato a Mugler intitolata “Thierry Mugler, Couturissime”.

La mostra, si presentava subito come un luogo di raccoglimento e ritualità: un invito, suggerito dalla disposizione dell’allestimento, composto da tante microstorie curiose, inedite e colte, ricche di rimandi storici di quasi cinque decenni, dove silhouette couture si intersecano a costumi di scena. Una riabilitazione della moda e della fotografia come forma d’arte, che negli ’60 sostituì le illustrazioni di un tempo che regnano sovrane, che si apre al pubblico al secondo piano del museo, dove si potrà ammirare numerose stampe rare firmate da artisti e grandi della fotografia tra cui  Bourdin, Jean-Paul Goude, Karl Lagerfeld, Dominique Issermann, David Lachapelle, Luigi & Iango, Sarah Moon, Pierre et Gilles, Paolo Roversi, Herb Ritts e Ellen von Unwerth e sottolineando la collaborazione senza tempo tra Thierry Mugler e il fotografo Helmut Newton.

Immediati i messaggi di cordoglio arrivati dal mondo della moda e non solo. La top model americana Bella Hadid ha esclamato sui social un “Nonononono”, seguito dall’immagine di una faccia triste, mentre Olivier Gabet, direttore del Musée des Arts Décoratifs ha dichiarato “Era in anticipo sui tempi da molti punti di vista, dal fenomeno della celebrity come modelle al rapporto con il mondo della musica e all’impatto culturale della moda nella società contemporanea».

Così, Sandrine Groslier, presidente del marchio Mugler moda e fragranze, che ha lavorato al fianco del designer per 27 anni, ha commentato «Un genio tuttofare, un artista che non contemplava nel suo vocabolario il termine misura. Ha segnato per sempre il mondo della moda e della bellezza. Era divertente, appassionato, pazzo a volte, e ha sempre saputo rendere omaggio con molta emozione a tutte le donne».

di Alberto Corrado