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Daniel Ezralow resta sempre un coreografo geniale facendo incontrare sempre e comunque in primo piano l’uomo con le sue fragilità e paure ma sempre aperto alla vita.

AAA cercasi positività, linfa di una nuova filosofia, che abbiamo maturato nei mesi chiusi in lockdown, in cui la linea della morte e la vita era sottile.

Un uomo che fin dalla sua infanzia non ha mai seguito le regole, anzi si è creato lui stesso delle regole strada facendo, ci introduce in uno spazio in perfetto equilibrio tra il reale e l’immaginario, che trascende al poetico, con lo sguardo rivolto verso la speranza nel tramonto urbano del nostro mondo.

Quell’uomo è Daniel Ezralow eccezionale performer e ballerino solista, ed oggi coreografo che si distingue per il suo linguaggio fatto d’invenzioni sempre nuove e sorprendenti, che torna a Milano con un favoloso patchwork al TAM Teatro Arcimboldi Milano, in una sola data del 4 dicembre prossimo.

OPEN _Kelp Dreams_ Photo by Angelo Redaelli

È tra i fondatori dei celebri MOMIX e ISO (I’m so Optimistic), gruppi di danza che uniscono al notevole talento artistico uno straordinario virtuosismo tecnico e acrobatico, volendo dimostrare che la danza contemporanea è viva, e che può essere parte integrante dell’ambiente urbano.

Dal 2000, lavora con due gruppi fissi composti da otto ballerini italiani e americani, che interscambia a seconda delle esigenze produttive dello spettacolo, che sia a teatro o in televisione, per questo possiamo ricordare il tour italiani del 2008 con lo spettacolo Why, costituito principalmente da ballerini provenienti da tutta Italia.

Eccentrico, geniale, intuitivo. Eccentrico e intransigente. Basta il suo nome per sollevare il velo della curiosità. Eccentrico, vitale e anticonformista, come tutta quella nouvelle garde di coreografi che discendono dalla capacità di fondere una varietà di stili: dalla danza classica e contemporanea a quella acrobatica e di street dance. Una poetica quella di Ezralow, fortemente implicata con il luogo e con lo spazio e  soprattutto con il tempo, ma capace di levarsi dal banale creando clamore, ma mai silenzio.

L’attività tersicorea di Ezralow si muove sempre in modo seducente verso il mondo dell’arte plastica e figurativa, ma rivisitata in chiave dinamica come nell’ultima opera dal titolo “Open”, un patchwork di piccole storie che strizzano l’occhio allo spettatore con numeri a effetto, multimedialità, ironia e umorismo, all’insegna della più pura fantasia creativa ed emozione scenica.

OPEN_Olympiads_ Photo by Fabio Diena

Open è arte per tutti, dove i riferimenti sofisticati dei corpi si intrecciano con la musica di Khachaturian, Chopin, Beethoven, Ponchielli, Bizet, Tchaikovsky, Debussy, Prokofiev, Albinoni, Strauss and Bach, e dove la percezione del reale è costantemente messa in crisi e in dubbio dallo sguardo coreutico e teatrale dei danzatori. 

Questa inaudita apertura di senso nei confronti di una realtà data per certa e acquisita trova una propria completezza nella speranza, in cui a fronte di un racconto lineare e realista, si avverte che in tutta questa certezza, c’è uno spazio vuoto, una sorta di buco nero per le nostre sicurezze. Ed ecco, allora che a interrogare i propri fantasmi nella prigione dell’oblio, non è solo il danzatore, ma anche il pubblico nella consapevolezza che ciò è proibito i buoni lo sognano e i cattivi lo fanno.

OPEN_Three Fates_Photo by Angelo Redaelli

È in questo freno all’azione che lo spazio scenico gioca il ruolo del rito del futuro, di quello che verrà, uno spazio che deve essere condiviso con la realtà in cui ci confronta con sé stessi e con i nostri fantasmi. È infatti essenziale interrogarsi in tutta buona fede, sulle passioni che ci animano, e in quali spazi noi siamo soliti viverle ed esprimerle. La cattiva fede ci spingerebbe a negare queste passioni, particolarmente quelle che urtano la nostra morale. La messinscena dei nostri fantasmi recupera un dialogo e confronto nello spazio libero dell’arte che come quello del rito del futuro è necessario a tutta la società.

Si può cosi immaginare che questa presa di coscienza del buio delle nostre anime e delle nostre pulsazioni permetta anche una apertura di spirito e di tolleranza più grandi, per l’accettazione di lasciar andare tutto quello che ci circonda. Un messaggio di speranza per il futuro, dove i protagonisti siamo noi.

Di Alberto  Corrado