Dopo la prima mostra “Le normali follie”, presso lo Spazio Maimeri nel novembre 2016, Francesca Agrati torna con una mostra personale dal titolo “Il gioco delle apparenze”, presso Dream Factory in Corso Garibaldi 117 a Milano. La mostra inaugurerà giovedì 22 novembre alle ore 18.30 e sarà visitabile fino al 25 novembre 2018, dalle ore 11.00 alle ore 19.00 e su appuntamento.
In questa mostra, che vedrà esposte opere inedite, la Agrati prosegue la sua ricerca artistica approfondendo la tecnica dell’addizione pittorica attraverso le lezioni di Valeria Oliva, maestra d’arte che la segue sin dagli albori del suo percorso artistico.
Il processo creativo, saldamente ancorato all’ambito figurativo, parte dallo sviluppo di un innato spirito di osservazione che spinge la Agrati nella selezione delle immagini più adatte alle sue elaborazioni, estrapolandole dai mass media; pubblicità e riviste, ma anche dal suo ambito familiare e amicale che assimila, metabolizza e reinterpreta con fervida fantasia.
l tema del ritratto è sempre centrale nella sua poetica. Esaltando le caratteristiche dei suoi soggetti, ancora una volta principalmente femminili, sdrammatizza la routine quotidiana attraverso ironia e positività, in un continuo dialogo tra bi e tridimensione in cui materia e colore si fondono armoniosamente con le immagini e le superfici.
Il gioco sta nello stravolgere le apparenze andando al di là della forma, che spesso differisce dalla sostanza, e il riferimento all’una, nessuna e centomila identità pirandelliane, con tutte le sfaccettature che caratterizzano l’essenza umana, appare immediato. Influenzata dalla Pop Art, Francesca Agrati parte da una base fotografica e si serve del collage e dell’assemblages di materiali, trasformando e sconvolgendo le sembianze dei suoi soggetti con l’inserimento di elementi materici provenienti dal quotidiano (forme, piccoli oggetti, siliconi e materiali vari).
Sceglie, infine, semplici nomi propri per intitolare le sue opere, non aggiungendo descrizioni né indicazioni particolari allo scopo di influenzare nel minor modo possibile lo spettatore che si sente libero di interpretare l’opera a seconda delle proprie sensazioni e farsi travolgere dall’energia e dall’ironia che le opere infondono.